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Antibiotici, Rapporto Aifa: cala uso ma Italia sempre sopra la media Ue

11 Marzo 2022

Cala ma resta sempre superiore alla media europea e al gold standard dell’Oms il consumo di antibiotici in Italia. Lo dice il Rapporto 2020 dell’Aifa, presentato ieri a Roma in una conferenza stampa cui era presente il direttore generale dell’Agenzia, Nicola Magrini. «L’Italia si configura come un Paese ad alto tasso di resistenze» ha detto nel suo intervento «con una situazione regionale a macchia di leopardo. Parsimonia è la parola chiave per un miglioramento dell’uso degli antibiotici in tutti i campi».

I dati confermano: nel 2020 il consumo complessivo di antibiotici, pubblico e privato, ammonta a 17,7 ddd (dosi definite giornaliere) ogni 1.000 abitanti, in calo di oltre il 18% rispetto al 2019. La spesa generata dai consumi in regime rimborsato (convenzionata e ospedaliera) sfiora i 700 milioni di euro, il 3% del totale, e a volumi tocca i 13,8 ddd ogni mille abitanti, ossia l’1,2% dei consumi totali a carico del Ssn.

Come detto, il calo a volumi è importante ma l’Italia rimane ancora lontana dal resto d’Europa: nei Paesi Ue/See (Spazio economico europeo) il consumo di antibiotici nell’assistenza territoriale si è fermato nel 2020 a 14,7 ddd per milla abitanti, anche in questo caso in calo del 18,1% in confronto al 2019 per la pandemia e la contrazione delle infezioni respiratorie non correlate a covid. Il consumo più basso si osserva in Austria (7,1 ddd), mentre il più elevato riguarda la Grecia (26,4 ddd).

Il nostro Paese, in particolare, registra valori superiori alla media europea negli antibatterici beta-lattamici, penicilline (7,4 ddd vs 6,1) e nei macrolidi e lincosamidi (3,6 vs 2,4); differenze inferiori si osservano per i chinoloni (1,7 vs 1,2) e per le associazioni tra sulfonamidi e trimetoprim (0,83 ddd vs 0,52).

Quasi l’80% delle dosi totali (13,8 ddd per mille abitanti) è stato erogato dal Ssn, per una spesa procapite di 11,6 euro. Il dato comprende sia gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata (dalle farmacie pubbliche e private) sia quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, che pesano per 1,7 ddd ogni mille abitanti. Gli acquisti privati, invece, ammontano a 3,9 dosi ogni milla abitanti, che corrispondono al 24% del consumo territoriale totale di antibiotici e a una spesa procapite di 2,05 euro.

L’analisi delle prescrizioni ambulatoriali di antibiotici nel setting della mg, continua il Rapporto, rivela una prevalenza di uso inappropriato che supera il 25% per quasi tutte le condizioni cliniche studiate (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata). Tutti gli usi inappropriati di antibiotici per le infezioni delle vie respiratorie sono stati registrati in maggioranza al Sud, nella popolazione femminile (a eccezione della bronchite acuta) e negli individui di età avanzata (65 anni in su).

In effetti l’uso degli antibiotici rivela una forte eterogeneità geografica. Tra Sud e Nord sussiste una differenza di circa otto punti percentuali (rispettivamente 30,3% e 22,6%) nella prevalenza d’uso. Importanti differenze si rilevano anche nelle classi di antibiotici prescritti: al Nord prevale l’impiego di penicilline di prima scelta (6%) rispetto al Sud (3,5%). In particolare, il rapporto amoxicillina/amoxicillina+acido clavulanico è nettamente maggiore al Nord (0,8) rispetto al Centro e al Sud (0,3); al Sud si registra anche un maggior ricorso a cefalosporine e macrolidi. Per tale ragione, osserva l’Aifa, «è importante pianificare azioni per il miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva, visto il ruolo importante del consumo di antibiotici sullo sviluppo di antibiotico-resistenze».