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Dal Congresso Fip riflessioni sulla dispensazione in farmacia

26 Settembre 2018

E se la farmacia del territorio rinunciasse alla dispensazione del farmaco? Tranquilli, la domanda è provocatoria. Ma è comunque spuntata all’improvviso nel bel mezzo di un convegno scientifico della massima serietà. L’ha posta Darrin Baines, professore di economia sanitaria all’università inglese di Bournemouth, nel corso di uno dei convegni più animati e partecipati del 78° Congresso internazionale della Fip, ospitato a Glasgow all’inizio del mese. Come riferisce un articolo del Pharmaceutical Journal, la rivista della Royal pharmaceutical society, la provocazione di Baines è di fatto un invito ai farmacisti del territorio perché si interroghino sul futuro della farmacia. Che, ha detto in sintesi il docente, dovrebbe dare ad altri la dispensazione del farmaco e diventare «il luogo in cui l’innovazione tecnologica si traduce in realtà» per la comunità dei pazienti.

L’innovazione delle tecnologie sanitarie, ha ricordato Baines, era in fondo l’attività sulla quale la farmacia è cresciuta: prima che una settantina di anni fa si facessero dispensatori, i farmacisti erano preparatori che sperimentavano e ricercavano. Oggi che automazione e informatizzazione promettono di robotizzare la dispensazione, è opportuno che il farmacista torni all’attività clinica. Dove non avrebbe rivali, perché «nessun altro nel sistema sanitario ha il tempo o la possibilità di parlare con il paziente».

Alla provocazione del docente inglese hanno risposto in tanti. Eeva Teräsalmi, farmacista titolare in di una farmacia finlandese, ha ricordato che dispensare è la funzione principale della farmacia del territorio e tutti i servizi aggiuntivi che eroga fanno perno sulla fornitura di farmaci. Paul Sinclair, farmacista australiano, ha obiettato che la dispensazione rappresenta il principale legame tra farmacia e paziente, dunque occorre continuare a farlo sforzandosi di migliorare, «per il paziente e per soddisfazione professionale».

Non tutti però hanno respinto categoricamente le tesi di Baines. Bernadette Brown, farmacista titolare a Glenrothes, in Scozia, ha riferito del progetto lanciato dal governo per l’installazione di robot dispensatori nelle aree rurali della regione. La sua farmacia è collegata a una sorta di sportello bancomat che ritira le ricette e dispensa farmaci 24 ore al giorno. E questo permette al personale di concentrarsi sull’assistenza ai pazienti, sia nel consiglio al banco sia nelle consulenze programmate a lungo termine. Ma, ha avvertito Brown, non siamo alla fine della dispensazione in farmacia. Anzi.

Provocazioni a parte, anche i farmacisti titolari italiani dovrebbero avviare una seria riflessione sul futuro della farmacia. Non solo alla luce degli incessanti progressi dell’automazione, ma anche delle previsioni sull’evoluzione del mercato farmaceutico nei prossimi 5-6 anni. Qui lo spunto non arriva dalla Fip ma da Iqvia, che avanza stime decisamente pessimistiche sul futuro prossimo del farmaco con ricetta in farmacia: il 2018, è la previsione, dovrebbe chiudersi per l’etico con un calo dell’1,8% a valori, contrazione che negli anni successivi dovrebbe ridursi mantenendo però sempre il segno meno (-1% nel 2019, -0,6% nel 2020, -0,4% nel 2021, -0,3% nel 2022); resteranno invece in territorio sempre positivo i valori della dpc, ma di anno in anno gli incrementi si faranno sempre più risicati: +8,5% alla fine di quest’anno, +5,7% nel 2019, +4,5% nel 2020, +3,7% nel 2021, +2,4% nel 2022. All’orizzonte, in sostanza, si profila una farmacia che probabilmente continuerà a fare perno sulla dispensazione, ma sempre meno di farmaci con ricetta e sempre più di farmaci e prodotti della libera vendita. In questo caso, forse, la dispensazione robotizzata può diventare l’ancora di salvezza che consentirà alla professione di concentrarsi sul counselling e sulla pharmaceutical care.