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Iodio, richieste in forte aumento. Fofi: nessun allarme che le giustifichi

8 Marzo 2022

E’ del tutto ingiustificata la corsa alle compresse di iodio che sta investendo le farmacie di diverse regioni, in particolare del Nord-ovest. Lo scrive la Fofi in un comunicato stampa diffuso ieri dopo gli allarmi diffusi nei giorni scorsi da diversi esperti sui rischi di un consumo inappropriato di questi farmaci. «Non c’è alcun allarme che giustifichi la richiesta di compresse di iodio» chiarisce il presidente della Federazione, Andrea Mandelli «né dalle autorità competenti sono giunte indicazioni sull’approvvigionamento di iodio per un’eventuale minaccia nucleare».

Il panico da radiazioni ha cominciato a emergere quando dall’Ucraina sono arrivate le prime notizie di combattimenti attorno alle centrali nucleari del Paese, in particolare l’impianto di Zaporizhzhia; il rischio di danni ai reattori (che in realtà non ci sono stati) ha spinto gli abitanti di diverse zone del nord Europa a fare scorte di pastiglie di iodio, prima in Belgio e Francia (dove per legge è consentita la dispensazione anche senza ricetta a chi risiede vicino alle centrali nucleari) e poi in Germania, dove questi farmaci – nella versione ad alto dosaggio che è di qualche utilità in caso di inquinamento radioattivo – sono però dispensabili soltanto in caso di reale pericolo.

Da qualche giorno, infine, anche nelle farmacie italiane risulta in forte crescita la domanda di compresse di iodio. Ieri, in particolare, la stampa ha riferito di massicce richieste in Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove la Regione ha chiesto l’altro ieri alle farmacie di riferire sulla disponibilità di iodio stabile. «La nostra risposta» ha detto il presidente di Federfarma regionale, Luca Degrassi, al Messaggero Veneto «dovrà arrivare domani (cioè ieri, ndr) ma si può già dire che non c’è un problema di forniture».

Intanto su tutti i giornali gli esperti ribadiscono lo stesso messaggio lanciato dalla Fofi, e cioè che non ci sono attualmente rischi di contaminazione radioattiva e il consumo di ioduro di potassio in assenza di motivi giustificati dà più rischi che benefici.

In Italia, ricorda poi Altroconsumo «le compresse per la cosiddetta iodoprofilassi in caso di incidente nucleare non si trovano normalmente in farmacia. Devono avere dosaggi molto elevati di iodio e vanno quinjdi preparate appositamente e fornite alla popolazione solo in caso di incidente nucleare o di reale rischio». La distribuzione, spiega ancora l’associazione, è avviata nelle aree a rischio su disposizione della Protezione Civile e dei Ministeri competenti, ed è assicurata dal Servizio sanitario nazionale».

Le compresse di iodio, inoltre, «sono raccomandate soltanto alle persone di determinate fasce d’età», perché il rischio di sviluppare un tumore della tiroide da iodio radioattivo dipende in buona parte dall’età: gli under 18 sono i più esposti, il rischio invece si riduce sensibilmente dopo i 15-20 anni di età e tende ad annullarsi oltre i 40 anni.

In ogni caso, conferma Altroconsumo, i dosaggi di iodio devono essere molto elevati: «Per proteggere la tiroide 24-48 ore servono, per gli adulti sotto i 40 anni, 130 mg di ioduro di potassio, che fornirà all’organismo circa 100 mg di iodio stabile. Stessa dose per le donne che allattano per i bambini dai 3 anni fino ai ragazzi di 18 basta metà della dose degli adulti (quindi 65 mg), mentre per i bambini da 1 a 3 anni ne serve un quarto (32 mg). La dose per i neonati è metà di quella dei bambini di un anno (quindi 16 mg)».

In ogni caso, avverte di nuovo la Fofi, senza un reale pericolo «è sconsigliato sottoporsi a iodoprofilassi prolungata. In condizioni normali la tiroide è in grado di tollerare fino a 1mg di iodio al giorno senza che si verifichino effetti avversi, in quanto l’eccesso di iodio viene espulso con le urine. È quindi sconsigliabile assumerne quantità elevate per giorni, per paura di un possibile incidente nucleare.

«In realtà lo iodio stabile protegge soltanto dallo iodio radioattivo, in particolare dallo iodio 131, ma non da altri radionuclidi emessi in incidenti nucleari, come cesio e stronzio» ricorda all’Ansa Sebastiano Venturi, medico di igiene pubblica e autore di una ricerca pubblicata sulla rivista Human Evolution «lo ioduro di potassio va assunto prima che lo iodio radioattivo venga ingerito, o nelle primissime ore successive».