E’ «connaturale» alla riforma del 2012 che le delibere comunali per l’istituzione di una nuova sede farmaceutica vadano a impattare sulla Pianta organica preesistente. Questo, dunque, non può rappresentare da solo motivo di illegittimità del provvedimento. E’ quanto scrive il Consiglio di Stato in una recente sentenza (2562/2018) che ha il merito di fare il punto sugli orientamenti della giurisprudenza in materia di programmazione territoriale delle farmacie.
Come si ricorderà, risale al 2013 la statuizione che riconosce al Comune la competenza sulla «formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome». Tale principio è stato poi riaffermato nel 2015, con la precisazione che «il Comune deve comunque individuare le zone di pertinenza delle singole sedi farmaceutiche».
Altro passo nel 2016, quando il Consiglio di Stato afferma che la finalità di garantire l’accessibilità degli utenti al servizio distributivo dei farmaci non può significare che occorra procedere all’allocazione delle nuove sedi in zone disabitate o del tutto sprovviste di farmacie, né può significare che debba essere evitata la sovrapposizione geografica e demografica con le zone di pertinenza delle farmacie già esistenti. E’ «fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma» scrivono i giudici «l’eventualità che le nuove zone istituite dai Comuni o dalle Regioni incidano sul bacino d’utenza di una o più sedi preesistenti».
La sentenza più recente, dunque, non rappresenta che l’estensione di tale ragionamento: è perfettamente in linea con la riforma introdotta dal decreto legge 1/2012 che l’istituzione di una nuova sede da parte del comune vada a incidere sulla Pianta organica, dunque tale motivo non è sufficiente per impugnare la delibera. A meno che, continua il Consiglio di Stato, la discrezionalità di cui l’amministrazione comunale gode in tali scelte non sconfini «nell’illogicità o nell’irragionevolezza».
Nella stessa sentenza i giudici amministrativi d’appello hanno anche ribadito i principi – ormai consolidati – che devono guidare il comune nella localizzazione delle nuove sedi. In sintesi:
Per il Consiglio di Stato, dunque, l’amministrazione deve perseguire l’interesse pubblico alla più funzionale collocazione della farmacia nel territorio comunale garantendo “la capillarità del servizio”. Ogni altra valutazione discrezionale resa dal Comune è sindacabile solo dal giudice amministrativo, al quale comunque è precluso anteporre la propria valutazione di opportunità a quella resa dall’Amministrazione comunale. La sentenza è chiara nell’affermare che la nuova disciplina di settore è stata dettata dalla finalità di aumentare il numero delle farmacie, a dimostrazione che le “rendite di posizione” non possono assumere rilievo se confrontate con l’interesse della collettività alla capillarità del servizio farmaceutico.
avvocato Silvia Cosmo