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Targatura europea dei farmaci, dall’Inghilterra timori sui costi per la filiera

25 Luglio 2018

La targatura europea dei farmaci, il sistema di tracciatura delle confezioni (introdotto dalla direttiva Ue sulla contraffazione) che la maggior parte dei Paesi dell’Unione dovrebbe attivare dal febbraio del prossimo anno, costerà ai grossisti inglesi mezzo miliardo di sterline per i prossimi dieci anni, in totale più di 560 milioni di euro. E’ quanto rivela una stima effettuata dalla Mhra (l’equivalente britannica dell’Aifa) e ripresa ieri da un articolo del Pharmaceutical Journal, la rivista della Royal pharmaceutical society. Secondo quanto riferisce il servizio, la valutazione dell’Agenzia inglese è il risultato di una consultazione lanciata nelle settimane scorse tra gli operatori della distribuzione intermedia, per raccoglierne vedute e posizioni. In particolare, incide sulla stima economica l’eventualità che ai grossisti (e ai distributori paralleli) venga affibbiata la responsabilità di tracciare e “chiudere” (cioè segnare in uscita) anche i farmaci destinati ai cosiddetti “enti ex articolo 23”, ossia case di cura, carceri e laboratori oftalmologici (ottici).

Continua ancora a mancare, prosegue il Pharmaceutical Journal, una stima dei costi che invece dovranno affrontare le farmacie del territorio, ma anche in questo caso la Mhra ci arriverà passando da una consultazione che coinvolgerà istituzioni rappresentative della farmacia, titolari indipendenti e catene. La speranza della categoria è che l’Agenzia si sbrighi, perché le valutazioni che risulteranno finiranno direttamente sul tavolo al quale farmacie e dipartimento della Salute si apprestano a discutere il rinnovo del contratto con il servizio sanitario.

Come noto, a disegnare il nuovo sistema europeo di tracciatura è la direttiva 2011/62, recepita nel nostro Paese dal d.lgs 17/2014. Le norme, in sostanza, introducono sulle confezioni dei farmaci due nuovi dispositivi di sicurezza: un sigillo “anti-manomissione”, che garantisce l’integrità della scatola fino alla dispensazione (toccherà al farmacista verificarlo prima di consegnarlo al cliente), e un codice datamatrix (tipo QrCode) stampato direttamente sulla confezione anziché sulle classiche fustelle. Un sistema di banche dati nazionali collegate a una banca dati europea (chiamate rispettivamente Nmvo ed Emvo) terrà traccia dei codici e garantirà genuinità e originalità delle confezioni: le aziende produttrici, in estrema sintesi, caricheranno in banca dati le targhe delle scatole in uscita, i distributori verificheranno la correttezza dei codici sui lotti in transito e infine le farmacie “chiuderanno” la targa quando dispenseranno (sempre ammesso che i Qrcode siano letti dalle penne ottiche).

Il sistema, come detto, dovrebbe entrare in vigore in tutti i Paesi Ue dal febbraio 2019, tranne tre: Grecia, Belgio e Italia, che ha tempo fino al 2025 per allinearsi. Farmindustria e Assogenerici, tuttavia, non vorrebbero attendere così a lungo, perché il posticipo costringerà le aziende produttrici a sopportare importanti aumenti nei costi di packaging. Di qui il memorandum d’intesa firmato a primavera dalle due associazioni con le altre sigle della filiera (Federfarma, Assofarm, Adf e Federfarma Servizi) per la costituzione del Nmvo italiana, la banca dati delle targhe circolanti. L’obiettivo dei produttori è quello di anticipare – prevedibilmente al 2020 – l’adesione dell’Italia alla tracciatura europea. Innanzitutto però serve un intervento legislativo che modifichi il d.lgs 17/2014, e poi tra le altre sigle della filiera restano forti dubbi sui costi che distributori e farmacie dovranno affrontare con la transizione. Nessuno, a quanto pare, ha ancora fatto cifre, ma le indicazioni che arrivano dal Regno Unito non invitano all’ottimismo.