Delle 1.430 Case di comunità pianificate dal Pnrr e da realizzare entro il 2026 ne sono state aperte finora soltanto 187 in sei regioni: Lombardia (92), Emilia-Romagna (43), Piemonte (38), Toscana (6), Molise (6) e Umbria (2). È il bilancio, tutt’altro che brillante, proveniente dall’ultimo monitoraggio dell’Agenas – l’Agenzia per i servizi sanitari regionali – sullo stato di attuazione del dm77/2022, ossia la riorganizzazione dell’assistenza primaria secondo il modello definito dal Pnrr.

I ritardi, è il responso del censimento che arriva fino allo scorso giugno, riguardano tutte le nuove strutture teorizzate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: gli ospedali di comunità già aperti sono 76 su 434 (38 in Veneto, 17 in Lombardia, 6 in Puglia, 5 in Emilia Romagna, due ciascuna in Abruzzo e Molise, uno in Campania, Lazio e Liguria), le Centrali operative territoriali (Cot) attive invece sono 77 su 611 (36 in Lombardia, 15 in Lazio, 9 in Veneto, 7 in Piemonte, 5 in Emilia Romagna, 4 a Bolzano e una in Umbria).

Ma i ritardi che si registrano nell’attuazione del dm77 vanno anche oltre la superficie rappresentata dai totali. Riguardo alle Case di comunità, per esempio, fa sensazione che sulle 187 già realizzate soltanto 102 ospitano al loro interno medici di medicina generale e 53 appena pediatri di libera scelta. Va un po’ meglio con gli ambulatori infermieristici per la presa in carico delle cronicità, presenti in 155 delle Case di comunità oggi in funzione.

Anche riguardo agli orari di apertura il bilancio è frastagliato: tra le Case di comunità già operative sono 59 quelle con apertura 7 giorni su 7 (e di queste 39 fanno l’h24), risultano invece 87 le strutture che restano aperte per meno di sei giorni alla settimana (e di queste 64 praticano orario giornaliero inferiore all’h12). Anche a proposito di Cot la continuità assistenziale scarseggia: solo 15 Centrali sulle 77 oggi attive restano aperte sette giorni su sette, altre 45 fanno meno di sei giorni alla settimana.