attualita

Crisi di governo, dal Pnrr alla remunerazione i titolari valutano gli effetti

26 Luglio 2022

Sino alle elezioni del 25 settembre il Paese è in regime di “ordinaria amministrazione” e tra i farmacisti sono in molti a interrogarsi sui destini dei diversi dossier di loro interesse che il Governo teneva sul tavolo e ora, con lo scioglimento delle Camere, rischiano di rimanere parcheggiati per qualche mese.

Il pensiero va innanzitutto al Pnrr, che vede le farmacie rurali sussidiate tra i soggetti interessati ai fondi previsti per la Missione 5: alla Componente 3, Investimento 1.1.2, sono a disposizione dei titolari 100 milioni di euro e l’Agenzia per la coesione interna ha già dato luce verde alle richieste di finanziamento di 200 farmacie. Il Capo dello Stato, nei giorni scorsi, ha dato indicazioni perché il lavoro sul Piano proceda a pieno ritmo anche con il governo Draghi “depotenziato”, ma qualche osservatore solleva preoccupazioni: il 30 giugno Roma ha consegnato all’Ue la Relazione relativa alla prima tranche del finanziamento, da 24,1 miliardi di euro; ora però c’è da lavorare alla prossima tranche, 21,8 miliardi di euro, che è subordinata al completamento di 55 obiettivi di Piano. E con le elezioni a settembre, è evidente che il lavoro sarà a quattro mani, quelle dell’attuale governo e dell’esecutivo che ne prenderà il posto.

Tra gli obiettivi, in particolare, c’è la nuova legge sulla concorrenza, che tra i vari provvedimenti cancella l’obbligo della dotazione minima in capo ai distributori farmaceutici; Draghi ha impartito nei giorni scorsi un’improvvisa accelerazione al testo, che dovrebbe essere approvato oggi dalla Camera per poi tornare al Senato in terza lettura. Il problema però sono i decreti attuativi, che probabilmente saranno a carico del governo prossimo venturo e andranno promulgati sempre per fine anno, a meno di gentili proroghe da Bruxelles.

In Federfarma, poi, saranno in molti a ragionare sui destini della riforma della remunerazione. Il sindacato era riuscito a incassare un’importante apertura con il Documento di economia e finanza dell’aprile scorso, nel quale il Governo si impegnava a valutare un nuovo modello di remunerazione sul farmaco rimborsato, «al fine di salvaguardare la rete delle farmacie italiane a partire dalle zone interne, montane e a più bassa redditività».

In questi mesi Federfarma ha ripetuto più volte che la riforma troverà posto nella prossima Legge di bilancio, quella per il 2023, e che sulla struttura del modello è in corso una negoziazione con ministero della Salute e Aifa. Non solo: all’assemblea generale del 7 luglio, il sindacato ha anche riferito che la nuova remunerazione beneficerà di un finanziamento extra (sul budget della convenzionata) di 250 milioni di euro, anche se non è stato detto su quanti anni si spalmerà (per la remunerazione aggiuntiva 2021-2022 sono stati messi 200 milioni).

È ovvio però che la crisi di governo alza un gigantesco punto interrogativo su tutto il cantiere della remunerazione: la Nota di aggiornamento al Def, rituale tappa di avvicinamento alla Manovra, dovrebbe essere approvata entro settembre, ma è evidente che la scadenza non potrà essere rispettata; la Legge di bilancio, invece, dovrebbe essere varata entro fine dicembre ma sui giornali di stamattina già si paventa l’esercizio provvisorio. E intanto, lo spread è in crescita: un’altra notizia poco allegra per le farmacie e le aziende della filiera che stanno pagando interessi su mutui e prestiti.