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Spesa sanitaria 2023, Gimbe: aumenti annunciati sono solo apparenti

19 Aprile 2023

L’aumento del Fondo sanitario annunciato nei giorni scorsi dal Governo, +4,3 miliardi rispetto al 2022, «è solo apparente», perché in rapporto al Pil la spesa invece cala al 6,7% dal 6,9% dell’anno scorso. E di quei quattro miliardi di incremento «oltre due terzi sono un mero spostamento della spesa già prevista nel 2022 per il rinnovo del contratto di lavoro del personale dirigente». È quanto riporta la Fondazione Gimbe in una nota che fa il punto su cifre e tendenziali del Documento di economia e finanza (Def) approvato l’altra settimana dal Governo.

«Rispetto alle previsioni della spesa sanitaria sino al 2026» dichiara il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta «il Def 2023 certifica l’assenza di un cambio di rotta post-pandemia e trascura il pessimo “stato di salute” del Ssn, i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono minati da criticità che compromettono il diritto costituzionale alla tutela della salute. Interminabili liste di attesa costringono a ricorrere al privato, aumentano la spesa out-of-pocket e impoveriscono le famiglie, sino alla rinuncia alle cure; diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di servizi e prestazioni determinano migrazione sanitaria, inaccessibilità alle innovazioni, sino alla riduzione dell’aspettativa di vita».

Complessivamente, prosegue la nota, le stime del Def confermano che la sanità rimane la cenerentola dell’agenda politica per almeno tre ragioni. Innanzitutto, il rapporto spesa sanitaria/Pil scende dal 6,9% del 2022 al 6,2% nel 2026, meno di quanto registrato nel 2019; in secondo luogo, per il triennio 2024-2026 si stima una crescita media annua del Pil nominale del 3,6%, a fronte dello 0,6% di quella della spesa sanitaria; infine, il Def 2023 non fa alcun cenno alle risorse necessarie per abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario e per approvare il cosiddetto “decreto tariffe” sulle prestazioni della specialistica ambulatoriale e della protesica.

«Programmi e numeri» riprende Cartabellotta «confermano che, in linea con quanto accaduto negli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta una priorità politica neppure per l’attuale esecutivo. La sanità rimane un bancomat per la facile aggredibilità della spesa pubblica e nei rari casi di crescita economica i benefici per il Ssn non sono mai proporzionali, rendendo impossibile rilanciare il finanziamento pubblico».