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Flop Cpcs, dalle critiche dei farmacisti inglesi qualche spunto di riflessione

26 Marzo 2021

Continuano a far discutere, in Inghilterra, i risultati del primo anno di attività del Cpcs (Community pharmacist consultation service), il servizio che consente al centralino nazionale dell’emergenza Nhs 111 di dirottare sulle farmacie le chiamate di minore urgenza. Era stato lanciato con grande clamore nell’ottobre 2019 e aveva destato l’attenzione anche dei farmacisti italiani, che l’avevano portato a esempio di ciò che le farmacie possono fare per il sistema sanitario. Ma ora che i risultati del primo anno di attività sono stati ufficializzati, entusiasmi e attese si sono nettamente ridimensionati.

Con oltre 10mila farmacie iscritte nel giro di tre settimane dal lancio, ricorda in un articolo la rivista Chemist&Druggist, il servizio ha generato un volume di interventi a dir poco deludente: secondo quanto riferisce la Cca (Company chemists association, il sindacato delle grandi farmacie) gli associati hanno ricevuto in media meno di tre richieste di accesso alla settimana. Altre farmacie, riferisce la rivista, meno di una. In media, ogni farmacia ha registrato sei accessi in un anno.

Qual è il problema, allora? Secondo quanto riferiscono diversi farmacisti, molti dei casi rigirati alle farmacie sono «inappropriati», cioè riguardano pazienti che in realtà avevano davvero bisogno di assistenza urgente. Un portavoce del Nhs citato da Chemist&Druggist, invece, ha ammesso che «gli operatori del 111 tentono a non considerare la possibilità di indirizzare una richiesta alla farmacia più vicina».

Di certo, i farmacisti non possono perdere tempo con segnalazioni inappropriate. Un proprietario di farmacia ha calcolato che i suoi collaboratori impiegano in media 20 minuti per ogni caso trasferito a loro con il Cpcs. «Il rimborso di 14 sterline ad accesso non basta a coprire l’onorario professionale dei nostri farmacisti».

Il servizio prevede che i casi di bassa urgenza possano essere girati alle farmacie anche dai medici di famiglia, ma anche in questo caso i volumi finora sono stati molto bassi. Per Alastair Buxton, direttore del Psnc (il Comitato che negozia per conto delle farmacie i rinnovi contrattuali con il Nhs) ha attribuito questa reticenza alla pandemia, ma secondo alcuni osservatori basterebbe riconoscere un incentivo ai medici che indirizzano le richieste alle farmacie.

«Forse è troppo presto per tracciare un bilancio del Cpcs» conclude la rivista «ma le testimonianze che arrivano dai farmacisti dicono che c’è ancora molta strada da fare prima che il servizio possa mostrare tutto il suo potenziale e diventare un elemento portante dei servizi in farmacia».