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Cittadinanzattiva contro la diretta: i costi sociali pregiudicano l’aderenza

30 Maggio 2018

I costi sociali che affronta il malato cronico quando va a ritirare un farmaco in una struttura pubblica – spostamenti, permessi di lavoro e altro ancora – compromettono l’aderenza alla terapia in poco meno di un caso su due. Lo rivela il XVI Rapporto sulle politiche della cronicità presentato ieri a Roma dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (Cnamc) di Cittadinanzattiva: redatta sulla base delle segnalazioni provenienti dalle sigle che aderiscono al Coordinamento, l’indagine formula un’accusa implicita ma evidente nei confronti della distribuzione diretta, che nel 48,4% dei casi pregiudica l’aderenza terapeutica per i costi sociali che il malato deve affrontare. Il doppio canale non viene citato esplicitamente ma è evidente che di quello si sta parlando, dato che non servono permessi di lavoro o lunghe peregrinazioni per raggiungerne una farmacia. Piuttosto, è un’altra la mancanza che il Rapporto imputa agli esercizi dalla croce verde: al secondo posto tra gli ostacoli che compromettono l’aderenza terapeutica, infatti, figura l’indisponibilità del farmaco in farmacia, che ricorre nel 37,8% delle segnalazioni (tallonata a un paio di lunghezze dalla burocrazia, 35,1%).

Aderenza a parte, il Rapporto scatta una fotografia del sistema di cure che la Sanità pubblica assicura ai cronici ricca di lacune e inadeguatezze. L’integrazione tra assistenza primaria e specialistica continua a essere una chimera (lamenta carenze il 95,8% delle associazioni che fa capo al Cnamc), stesso discorso per la continuità tra ospedale e territorio (65,1%) e l’assistenza domiciliare (45,8%). Integrazione sociosanitaria e Percorsi diagnostico-terapeutici sono una realtà soltanto in alcune regioni, e laddove i Pdta esistono solo la metà delle persone si sente realmente inserita in un percorso di cura.

Gli anziani affetti da cronicità, invece, lamentano disagi soprattutto per gli spostamenti (84,3%), l’isolamento sociale (75%) e le difficoltà economiche (71,8%). Fra i principali costi sostenuti privatamente dai pazienti e dalle loro famiglie, ci sono l’adattamento dell’abitazione (fino a 60mila euro in un anno), la retta per strutture di ricovero residenziali o semiresidenziali (fino a 36mila euro), il costo per la badante (fino a 25mila euro). E sempre meno sostenibile è anche la spesa per i farmaci di fascia C, che totalizza il 62% delle segnalazioni. «Al futuro Governo e alle Regioni chiediamo di passare dagli atti ai fatti» è il commento di Tonino Aceti, responsabile del Cnamc «il Piano nazionale per la cronicità è stato approvato ormai 20 mesi fa e il recepimento procede a rilento: a oggi solo Umbria, Puglia, Lazio, Emilia Romagna e Marche lo hanno adottato formalmente, mentre il Piemonte ha l’iter ancora in corso». Ancora più scarno l’elenco delle Regioni che hanno messo in pista un proprio piano regionale: Lombardia e Umbria, che peraltro deve aggiornarlo.