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La classifica dei Lea premia le Regioni che fanno più distribuzione diretta

12 Gennaio 2019

Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. E’ il podio della classifica che mette in fila le Regioni italiane in base all’aderenza per i cosiddetti Lea, i Livelli essenziali di assistenza che tutti i servizi sanitari regionali sarebbero obbligati a erogare ai loro assistiti. Per misurare tale aderenza la graduatoria, pubblicata dal ministero della Salute e stilata da un comitato cui partecipano rappresentanti del dicastero e dei governi locali, assegna a ogni amministrazione un punteggio che esprime i risultati raggiunti dai rispettivi servizi sanitari in una serie di indicatori predefiniti: tra questi, ampiezza della copertura vaccinale nei bambini; tasso di ospedalizzazione standardizzato in età pediatrica; numero di posti per assistenza agli anziani in strutture residenziali, totale dei posti letto attivi in hospice in rapporto ai deceduti per tumore; percentuale dei pazienti ultra65enni con diagnosi di frattura del collo del femore operati entro due giorni; percentuale dei parti cesarei primari eccetera.

 

Nel complesso, la classifica “promuove” 16 Regioni (quelle con punteggio superiore a 160) e ne boccia cinque: Valle d’Aosta, Sardegna, provincia autonoma di Bolzano, Campania e Calabria. Le prime tre sono amministrazioni a statuto speciale e quindi partecipano al monitoraggio Lea a puro titolo indicativo, le ultime due invece rischiano – con la bocciatura – di rimanere fuori dal cosiddetto regime premiale, che assegna alle Regioni “virtuose” una quota aggiuntiva di finanziamento pari al 3% del Fondo sanitario.

Ma quanto valgono per la farmacia del territorio queste classifiche? Non molto, a parte le potenziali ricadute derivanti dall’eventuale esclusione della propria Regione dai fondi aggiuntivi. Anzi, a scorrere l’elenco degli indicatori che determinano i punteggi, si scopre che il meccanismo non premia le Regioni più “benevole” nei confronti delle farmacie. Tra i parametri, infatti, soltanto uno afferisce alla spesa farmaceutica e riguarda i volumi di farmaci del Pht erogati da ogni singola Regione in distribuzione diretta. La misurazione è espressa da un valore percentuale (diretta-dpc vs. totale Pht, compreso il canale della convenzionata) ed esprime «la diretta presa in carico di assistiti caratterizzati da criticità diagnostica e terapeutica e dall’esigenza di un periodico follow-up con la struttura specialistica e da accessi programmati e periodici, al fine di assicurare una maggiore appropriatezza nella dispensazione di questi medicinali».

 

Ne scaturisce un meccanismo fastidioso per le farmacie: più la Regione distribuisce in diretta e maggiore è il suo punteggio. Il valore ottimale è sopra l’80% (9 punti), tra il 60 e l’80% significa scostamento minimo (6 punti), tra il 40 e il 59% scostamento rilevante (3 punti), sotto il 40% inaccettabile (0 punti). E così, le Regioni che occupano il podio della classifica (Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna) sono quelle dove la diretta-dpc assorbe più dell’80% del Pht (vedi mappa sopra, valori nei riquadri gialli). Poi ci sono le eccezioni: la Lombardia è quinta in classifica con un punteggio nettamente superiore ai 200 punti (che nei calcoli del Ministero equivale a eccellenza) ma fa passare dalla diretta-dpc meno del 60% del Pht.

C’è ben poca farmacia, invece, negli altri parametri della griglia. Anzi, è assente da quasi tutte le voci fatta forse eccezione per l’indicatore relativo agli screening oncologici (cervice uterina, mammella, colon retto): le Regioni che raggiungono percentuali elevate di reclutamento nella popolazione target ottengono punteggi migliori ed è noto che la partecipazione delle farmacie a tali screening agevola la risposta degli assistiti e quindi alza le soglie.