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Maschere, Arcuri conferma intervento sui prezzi. E nel Lazio scoppia il caso

21 Aprile 2020

Per arrestare le speculazioni in corso sulle mascherine bastano due cose: distribuirne gratuitamente massicci quantitativi e imporre un tetto ai prezzi. Lo ha detto il commissario straordinario per l’emergenza covid, Domenico Arcuri, nella conferenza stampa organizzata sabato scorso – 18 aprile – per il consueto aggiornamento sull’epidemia. «Metteremo in campo prestissimo» ha annunciato «un provvedimento che fisserà il prezzo massimo al quale le varie tipologie di mascherine possono essere vendute».

Intanto cominciano a ingranare alcune delle forniture di massa di mascherine gratuite cui Arcuri ha fatto riferimento. In Campania, le 500mila mascherine che le farmacie del territorio avrebbero dovuto ricevere da giovedì scorso – così come annunciato da una nota della Regione – saranno consegnate nei prossimi giorni: in base all’accordo firmato con Federfarma e Assofarm Campania, ogni esercizio ne riceverà 300 pezzi che distribuirà gratuitamente in confezioni da 2 alle famiglie indigenti, attraverso l’esibizione del codice di esenzione per reddito.

Rispetta invece i tempi annunciati la fornitura gratuita di 1,5 milioni di mascherine da parte della Regione Toscana: avviata ieri 20 aprile, verrà gestita dalle 1.150 farmacie pubbliche e private del territorio e da 230 iper e supermercati della grande distribuzione. Le regole fissate dall’amministrazione toscana consentono di ritirare un kit da 5 pezzi alla volta, per un massimo di sei nell’arco di 30 giorni, con tessera sanitaria o codice fiscale. «La fornitura» spiega una nota «andrà avanti per tutto il periodo dell’emergenza e quindi non occorre fare le corse per accaparrarsi i kit spettanti: ogni giorno e per più settimane saranno consegnate ai vari distributori le forniture necessarie, che sono in costante produzione. Si tratta, infatti, di mascherine in tessuto non tessuto prodotte in Toscana grazie al neonato “distretto delle protezioni”, capace di garantire una produzione quotidiana pari a un milione di pezzi, cui si sommano quelle chirurgiche standard acquistate da Estar nelle ultime settimane (altri 500 mila pezzi al giorno)».

Sempre in tema di mascherine, scoppia un caso nel Lazio sulla fornitura di ffp3 che Federfarma Roma sta attualmente distribuendo alle farmacie associate. Secondo un servizio pubblicato il 18 aprile da Il Fatto Quotidiano, i dispositivi sarebbero accompagnati da una dichiarazione di conformità «tutta sballata». Il giornale ha sottoposto il documento alla valutazione dell’Inail, ossia l’ente al quale il decreto Cura-Italia assegna il compito di valutare produzioni e importazioni di dpi privi di marcatura Ce.

In particolare, scrive Il Fatto, l’Inail muove quattro obiezioni: primo, il certificato di conformità è «un po’ confuso: cita la direttiva Ue 2016/425 mentre in realtà di tratta di un regolamento»; secondo, «come nome del prodotto e del modello una la dicitura KN95, un po’ ingannevole perché corrisponde alla sigla che lo standard cinese GB2626 attribuisce ai dispositivi con capacità filtrante superiore al 95%, perciò incompatibili ffp3. Il modello è quindi generico e non rende possibile individuare in modo unico e certo il dispositivo da autorizzare»; terzo, nel test ci sono alcune incongruenze, per esempio in alcuni punti si parla di semimaschere con valvole ma «nella foto si evidenzia solo una maschera senza valvola»; quarto, e forse il più importante, il test di penetrazione con olio di paraffina dà un risultato del 2%, ma per la norma Uni En 149 deve essere massimo 1%. «Pertanto» conclude l’Inail «non sono rispettati i requisiti della ffp3». Il Fatto Quotidiano ha contattato Federfarma Roma per un commento, ma – conclude l’articolo – al momento non sono ancora arrivate risposte.