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Nuova remunerazione, è dibattito nella filiera sul percorso a venire

10 Gennaio 2019

Si allarga, nella filiera, il dibattito sul percorso a venire della nuova remunerazione ora che è scaduto (il primo gennaio) e non è stato prorogato il periodo concesso ad Aifa e filiera per un accordo negoziato. Ieri è intervenuta nella discussione anche Adf (Associazione distributori farmaceutici), che in una dichiarazione del suo presidente, Mauro Giombini, esprime sorpresa per «la mancata proroga» dei termini dettati dall’articolo 15, comma 2, della legge 135/2012. «Ora» continua Giombini «ci aspettiamo anche noi che il ministro della Salute affronti la materia attraverso la stessa concertazione con le categorie che, secondo la 135/2012, avrebbe dovuto caratterizzare il negoziato con l’Aifa, e sulla base di approfondimenti per i quali Adf è sin d’ora pronta e disponibile». Il Ministero, prosegue Giombini, si è certamente reso conto «che se il servizio di distribuzione decadesse dagli attuali alti livelli di completezza, sicurezza e velocità di consegna alle farmacie, deperirebbe automaticamente in qualità». Al riguardo, il presidente di Adf ricorda l’allarme lanciato a dicembre sull’house organ dell’associazione: «Il servizio assicurato dai distributori» si legge nell’editoriale firmato da Giombini «non viene remunerato per legge in misura tale da dare un attivo di bilancio, mentre si dovrebbero coprire almeno le spese per l’erogazione e lo svolgimento di un servizio di pubblico interesse».

Sul tema remunerazione è tornata l’altro ieri anche Assofarm, con un comunicato che riprende e allarga i concetti espressi dal suo presidente, Venanzio Gizzi, nell’intervista rilasciata lunedì a FPress: «La cronaca degli eventi» si legge nella nota «nasconde una sotterranea mancanza di volontà della filiera di giungere a una accordo con il Governo sul tema più strategico per il rilancio della farmacia (la riforma della remunerazione, ndr). Troppo spesso la farmacia italiana tira a campare, accontentandosi di quel poco che ha oggi invece di affrontare la sfida e i rischi del rinnovamento». A questo punto, conclude Gizzi «ci rimangono due uniche opzioni: la prima è quella di attendere passivamente di che morte morire. La seconda è un repentino e assai tardivo cambio di atteggiamento da parte nostra, confidando sulla sicura e dimostrata sensibilità sull’argomento della nuova dirigenza di Federfarma: troviamoci tutti quanto prima, dichiariamo una disponibilità al confronto inevitabilmente accompagnata da una severa autocritica, magari in sede di Convenzione dove la remunerazione dovrà necessariamente essere trattata».

Anche Federfarma è intervenuta sulla questione, con una dichiarazione del presidente Marco Cossolo pubblicata ieri sull’house organ della Federazione: «Abbiamo sempre sostenuto che la modifica della remunerazione è un aspetto fondamentale per mantenere la sostenibilità economica della farmacia» afferma Cossolo «non mi preoccupa il confronto con Governo e Regioni (ora obbligato a causa della scadenza dei termini per la negoziazione con l’Aifa, ndr) perché sono loro i soggetti direttamente coinvolti sui quali gravano gli oneri economici. Sono fiducioso che si possa trovare presto un accordo soddisfacente per tutte le parti e in caso contrario, è ovvio che la categoria è pronta a iniziative di protesta». Quanto alla mancata proroga, «non era pensabile reiterare un provvedimento già prorogato più volte, anche in considerazione del fatto che dal 2012 a oggi la situazione economica delle farmacie è profondamente cambiata e quindi mantenere i parametri di riferimento della legge non avrebbe neanche reso possibile l’avvio della trattativa».

Nettamente discorde il commento del presidente di Farmacieunite, Franco Gariboldi Muschietti. «Il fatto che ora la filiera debba trattare la riforma della remunerazione con Governo e Regioni ci preoccupa seriamente» spiega «è avvilente il fatto che Federfarma non abbia percepito la necessità di agire per tempo, quando invece noi abbiamo approfittato di tutti gli incontri avuti con le istituzioni nei mesi passati per segnalare il problema: a luglio con la segreteria tecnica del Ministero, ad agosto con la senatrice leghista Sonia Fregolent, a dicembre con Silvio Garattini e Luca Coletto, quando ancora rivestiva la carica di assessore alla Salute del Veneto. Insomma, noi abbiamo lavorato anche se silenti, qualcun altro non l’ha fatto».