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Remunerazione, Luciani: obiettivo, aiutare chi sta peggio con minimi sacrifici

28 Marzo 2019

«Lavoriamo alla nuova remunerazione con due obiettivi ben chiari davanti agli occhi: sostenere la marginalità dei titolari di quelle regioni dove il valore della dcr è ai minimi storici e al contempo chiedere minimi sacrifici alle farmacie delle regioni dove invece la ricetta rossa produce ancora una redditività importante». Parole del presidente di Federfarma Umbria Augusto Luciani, tra coloro che nel sindacato sta ragionando sulla riforma della remunerazione.

Luciani, in un’intervista di qualche giorno fa il presidente di Federfarma Piemonte, Massimo Mana, diceva che prima di ragionare sui modelli bisognerebbe capire qual è il finanziamento che Ssn e Regioni mettono sul piatto per la farmacia. Condivide?
Senz’altro, tant’è vero che la nostra idea è quella di prendere a riferimento il valore che la ricetta rossa aveva nel 2016, in modo da non svantaggiare le farmacie delle regioni più “ricche”. Purtroppo qualche sacrificio occorrerà, ma sarà sopportabile perché altrimenti non saremmo un sindacato.

Ma è ragionevole che la riforma della remunerazione si faccia sulle spalle di una parte degli associati?
Io sono convinto che la meta si debba raggiungere con la partecipazione di tutte le componenti, ma sono altresì convinto che la riforma sia un passaggio non più procrastinabile, perché il valore della dcr continua di anno in anno a scivolare verso il basso. In nove anni, le farmacie hanno perso a livello nazionale quasi un miliardo e mezzo.

Quanto è realistico ragionare sui valori del 2016 quando all’orizzonte si annunciano da parte dell’Aifa interventi sui prezzi, che di fatto muteranno ulteriormente i valori di riferimento?
E’ vero, è senz’altro un problema. Dovremo essere bravi a far capire a Governo e Regioni che se vogliono che la farmacia continui a erogare i farmaci sul territorio vanno fatte delle scelte. Abbiamo un servizio farmaceutico che molti Paesi ci invidiano per la sua qualità, questa qualità va finanziata. Purtroppo, l’ostacolo con cui dobbiamo fare i conti è l’invarianza: la nuova remunerazione, è l’avvertimento che arriva dalla controparte, non deve comportare aggravi per la spesa pubblica. Non è facile lavorare con questa asticella sul capo.

Sarebbe opportuno anche sgombrare il campo dall’illusione che la quota fissa per pezzo preservi le farmacie da tagli e contenimenti di spesa…
Non c’è dubbio. Per esempio, abbiamo notato che le industrie tendono a sostituire le vecchie confezioni con nuove dalla taglia posologica raddoppiata: in caso di remunerazione basata soltanto su un fee a scatola, ci ritroveremmo daccapo.

E’ per questo che dopo un avvio in cui Federfarma sembrava parteggiare su una remunerazione basata soltanto sulla quota fissa, ora sembra prevalere la scelta per un modello misto, fee più margine?
Stiamo ragionando su varie ipotesi, anche quella di una remunerazione legata alle unità posologiche. In ogni caso, un modello di remunerazione che metta davvero al riparo da tutti i rischi non esiste, è per questo che l’obiettivo è quello di arrivare a un sistema che retribuisca innanzitutto l’attività professionale. E che consenta il superamento della 405/2001.

E allora, perché non accoppiare margine e onorario professionale?
E’ un’altra possibilità. Non è un lavoro facile, ci sono tante opzioni sul tavolo e ognuna va vagliata con attenzione attraverso tabelle e cifre. Sarà importante, in questo lavoro, avere il supporto di esperti e consulenti che sanno lavorare con i numeri.

Vi affiderete a Iqvia, come si ipotizzava nelle settimane scorse?
La società è senz’altro un interlocutore importante ma potremmo anche coinvolgere altri soggetti. Sarà un cambiamento epocale, serviranno le migliori expertise per trovare la formula che consenta di aiutare chi sta peggio danneggiando il meno possibile chi sta meglio.