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Piano cronicità, anche l’Umbria volta le spalle alla farmacia

16 Marzo 2018

Il Piemonte non è il solo ad aver approntato un Piano regionale della cronicità che recepisce e declina le linee guida nazionali varate dal ministero della Salute nel 2016. C’è anche l’Umbria, che alla farmacia del territorio concede ancora meno spazio del Piano piemontese. L’impalcatura generale del progetto, infatti, è quella di «riqualificare della rete dei professionisti» per garantire «continuità assistenziale» e «integrazione tra cure primarie e specialistiche e tra ospedale e territorio», attraverso una «Rete Assistenziale Regionale» che connetta gli ambulatori dei mmg integrati nelle Aft e/o Uccp, le strutture distrettuali (Centri di salute, ambulatori territoriali specialistici, servizi territoriali specifici, strutture semiresidenziali e residenziali) e gli ospedali (ambulatori specialistici, Pronto soccorso, reparti di degenza per acuti, reparti di degenza per post-acuti)».

In questa rete delle farmacie non c’è traccia, ma in Federfarma Umbria non disperano. Anche se il Piano è già stato approvato da una delibera di giunta risalente al luglio dell’anno scorso. «E’ tutto ancora sulla carta» spiega a FPress il presidente del sindacato regionale, Augusto Luciani «perché dovrà confluire nel prossimo Piano sociosanitario, ancora da completare. Proprio in questi giorni sono partiti i tavoli di concertazione con le parti sociali sui contenuti del documento, ci siamo anche noi e contiamo di allargare considerevolmente gli spazi della farmacia. Per esempio nel recapito domiciliare del farmaco e nell’aderenza terapeutica».

Detto di Umbria e Piemonte, ci si ferma lì. Come aveva denunciato pochi giorni fa il Tribunale per i diritti del malato, finora il Piano nazionale della cronicità è stato recepito formalmente – cioè approvato mediante delibera di giunta – in appena sei Regioni (a parte le due già citate ci sono Puglia, Lazio, Emilia Romagna e Marche). E a quanto risulta, soltanto Piemonte e Umbria hanno prodotto Piani regionali.

Poi ci sono tre casi a parte. Innanzitutto la Liguria, che ha fatto confluire le linee guida del Ministero nel contratto integrativo dei medici di famiglia, firmato l’estate scorsa. «ln ottemperanza a quanto stabilito dal Piano nazionale cronicità» recita il testo «obiettivo strategico del presente accordo è l’effettiva presa in carico del paziente con una o più patologie croniche. La presa in carico dovrà prevedere una corretta interazione fra mmg e specialisti secondo le rispettive competenze ed il proprio ruolo». Ovviamente non si parla di farmacia (è il contratto dei medici di famiglia) e in più Federfarma Liguria attribuisce scarsa rilevanza all’intesa. «Tra i generalisti hanno aderito in pochissimi, perché le risorse messe sul piatto sono scarse» osserva la presidente del sindacato titolari, Elisabetta Borachia «di fatto l’accordo non è praticamente partito. Aspettiamo di vedere il Piano regionale vero e proprio, quando lo scriveranno».

Gli altri due sono quelli della Toscana e della Lombardia, che ancora non hanno recepito il Piano nazionale ma sulla presa in carico della cronicità sono al lavoro da tempo. L’esperienza toscana è quella del Chronic care model, basato sulla medicina d’iniziativa e imperniato sulla gestione proattiva del paziente da parte del medico di famiglia all’interno di una rete che raccoglie le risorse disponibili (soprattutto personale infermieristico). In Lombardia invece c’è il cosiddetto “Governo della domanda”, il nuovo modello di assistenza basato su un sistema di programmazione delle cure delegato a gestori “case-manager”. La formula che lo contraddistingue potrà piacere o non piacere (soprattutto per l’apertura al privato) ma non si può negare che a oggi sia il solo modello nel quale la farmacia ha già il suo spazio, ampio e ben perimetrato. A delimitarlo è la delibera di giunta regionale 7600/2017, che nel capitolo dedicato al Percorso della presa in carico dedica un intero paragrafo agli esercizi dalla croce verde. Dove si parla espressamente di «servizi per il cittadino» da erogare «presso le farmacie pubbliche e private aperte al pubblico», con particolare riferimento «a progetti che favoriscano l’aderenza terapeutica ai trattamenti farmacologici nei pazienti cronici» e l’appropriatezza. I gestori, poi, «potranno stipulare con le farmacie accordi per l’erogazione di prestazioni specialistiche sanitarie di base (Ecg, Holter pressorio, spirometria)», così come servizi di varia complessità quali telemedicina, autoanalisi, counseling motivazionale per la promozione di sani stili di vita e altro ancora.