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Rapporto Confindustria sulla filiera privata della salute: “white economy” volano del paese

1 Febbraio 2018

Il segmento distributivo della filiera della salute”privata” – che comprende, oltre alle farmacie, grossisti e commercianti al dettaglio di medicinali e articoli sanitari – occupa nell’insieme oltre 211mila persone e genera un fatturato di 67 miliardi di euro, per un valore aggiunto di oltre 13 miliardi. Ne deriva un’incidenza significativa sul complesso del commercio italiano, pari a circa il 10,8% in termini di valore aggiunto. I dati arrivano dal Rapporto 2018 di Confindustria sulla filiera della salute, condotto in collaborazione con Aiop (ospedalità privata), Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme e presentato ieri alla stampa. Dalla ricerca emerge netta l’evidenza che la cosiddetta “white economy”, ossia la componente privata del settore salute, rappresenta ormai un potente driver dell’economia italiana, che contribuisce al Pil nazionale per il 10,7% e dà lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone (circa il 10% dell’occupazione complessiva).

Il perno decisivo del comparto è costituito dall’industria privata della salute, un settore i cui principali indicatori di performance– nonostante la crisi – registrano miglioramenti significativi sia in termini percentuali, rispetto al totale nazionale, sia in termini assoluti. C’è poi la già citata filiera della salute (manifattura, commercio e servizi sanitari privati) che contribuisce all’economia del Paese con il 4,9% del fatturato (144 miliardi di euro), il 6,9% del valore aggiunto (49 miliardi), il 5,8% dell’occupazione (circa 910mila persone) e il 7,1% delle esportazioni (oltre 28 miliardi di euro).

Nell’insieme è un comparto economico anticiclico: se il valore aggiunto complessivo dell’economia italiana rimasto pressoché invariato tra il 2008 e il 2015, quello della filiera della salute è cresciuto del 14,3% mentre l’occupazione è cresciuta del 3,35% tra il 2008 e il 2015, in controtendenza sul dato nazionale (-9,2%).