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Riforma remunerazione, si cerca di trovare una convergenza sul modello

6 Agosto 2019

Il sistema misto in cui dovrebbe evolvere la remunerazione delle farmacie non potrà che prevedere una quota fissa particolarmente contenuta e un margine percentuale più consistente, per tenere conto della frammentazione che oggi caratterizza la spesa farmaceutica convenzionata delle diverse regioni. E’ la posizione espressa dalla delegazione di Federfarma Lombardia al tavolo aperto ieri dalla presidenza della Federazione per uno scambio di vedute con le nove associazioni territoriali che, a primavera, avevano chiesto di essere coinvolte nella riforma dei compensi (tra gli altri Puglia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Cosenza, Verona e Napoli).

L’incontro, annunciato dal presidente Cossolo all’indomani del summit convocato il 31 luglio dal ministero della Salute per rimettere in moto la riforma della remunerazione, è servito innanzitutto a mettere sul tavolo numeri e analisi della marginalità attuale delle farmacie e capisaldi del nuovo modello. «Tra i nostri calcoli e quelli della presidenza» spiega a FPress Luigi Zocchi, segretario di Federfarma Lombardia e presidente di Federfarma Varese (foto) «ci sono ancora distanze importanti, ma almeno da parte della Federazione c’è la disponibilità a discutere e ragionare».

La prima divergenza di rilievo riguarda i pesi delle due componenti del sistema misto: «Per noi» prosegue Zocchi «è indispensabile evitare che le farmacie lombarde vengano penalizzate dalla riforma, dunque la nostra preferenza va a un modello in cui la quota fissa rimane contenuta e il margine mantiene ancora una dimensione importante. Visto poi che un numero crescente di farmaci ha prezzi al pubblico sotto l’euro e mezzo, un fee maggiore renderebbe la proposta insostenibile per Mef e Regioni».

Distanze importanti anche sul metodo: per definire il nuovo modello occorre prima individuare qual è attualmente la marginalità media della farmacia, ma se i calcoli della Federazione riportano un valore pari al 30,35%, dai lombardi arrivano cifre maggiori. «Il fatto è che le analisi della presidenza non contemplano la marginalità sul generico» obietta Zocchi «per noi invece è fondamentale considerarla. Il risultato è che tra le loro stime e le nostre ballano 30 centesimi a scatola, che sui volumi totali non è poco. E se si resta troppo bassi, poi la parte pubblica coglie la palla al balzo e fissa una remunerazione per lei più conveniente».

Le considerazioni di Zocchi hanno trovato il sostegno di altre associazioni (Piemonte, Napoli e Cosenza per citarne alcune), Cossolo dal canto suo si è detto disponibile a un approfondimento e ha dato indicazioni perché Promofarma verifichi con la Lombardia numeri e analisi. Su altri nodi, invece, sarà più difficile trovare un’intesa. Per esempio sulla distribuzione diretta: sin da quando si è iniziato a parlare di riforma della remunerazione, più di sette anni fa, è stato spesso ripetuto che il nuovo sistema avrebbe anche dovuto riportare in farmacia tutti i medicinali del Pht; ora, invece, la linea propugnata da Federfarma è quella di limitare la riforma alla sola convenzionata, senza toccare la remunerazione della dpc. «Secondo noi invece» obietta il vicepresidente di Federfarma Brescia Francesco Paracini, l’altro componente della delegazione lombarda al tavolo di ieri «un tentativo va assolutamente fatto. E’ vero, come dice la presidenza, che sono due temi normati in modo differente, ma qualcosa dobbiamo fare. Magari, una sorta di mozione finale da inserire nella riforma della remunerazione che punti a emendare la 405/2001, in modo da limitare ai minimi termini la dispensazione del primo ciclo».

Concluse le verifiche con Promofarma, il tavolo tornerà a riunirsi una seconda volta prima dell’inizio di settembre per trovare una sintesi (ieri è stato ufficialmente conferito a Iqvia l’appalto per il lavoro progettuale), quindi la proposta che ne risulterà verrà illustrata a Consiglio delle Regioni e Assemblea per ottenere il mandato a trattare con la parte pubblica.