filiera

Scontrini a credito, sul pregresso chiarimento delle Entrate grazie ai baristi

30 Gennaio 2020

Con il protocollo che da marzo introduce nel tracciato per l’invio telematico dei corrispettivi un nuovo campo dati, identificato dal tag <NonRiscossoDCRaSSN>, l’Agenzia delle Entrate viene finalmente incontro alle farmacie che ogni fine mese battono lo scontrino a credito per la dcr. Era un intervento invocato da tempo, perché nella modalità in vigore dal luglio scorso l’iva a credito non viene più trasmessa come tale, generando di conseguenza uno scarto consistente tra quanto visualizzato su cassetto fiscale e quanto poi effettivamente versato.

Se l’aggiornamento del tracciato risolve il problema per le mensilità a venire, resta invece da capire che cosa accade per le mensilità precedenti, nelle quali i farmacisti titolari hanno battuto scontrini a credito che di fatto hanno duplicato i ricavi. Federfarma non sembra essere ancora riuscita a ottenere indicazioni chiare dall’amministrazione tributaria, ai baristi invece è andata meglio.

Nei giorni scorsi, infatti, ha cominciato a circolare tra i titolari di farmacia la risposta (numero 394/2019) fornita nell’ottobre scorso dall’Agenzia delle Entrate al quesito inviato da un esercente di bar-pasticceria, che nella sua attività riscuote giornalmente pagamenti in tickets restaurant. Come scrive l’esercente, «il misuratore fiscale conteggia l’importo dei ticket sia ai fini dei ricavi sia ai fini iva, nonostante i medesimi siano poi fatturati periodicamente alla ditta fornitrice». Si determina così «una duplicazione dei ricavi e dell’iva a debito», che non trova poi corrispondenza nei versamenti d’imposta e rischia quindi di generare contenzioso tributario.

Nella sua risposta, l’Agenzia rassicura il barista: l’esigibilità dell’iva e, ai fini delle imposte sul reddito, la rilevanza del ricavo si realizza «solo con il pagamento del controvalore dei tickets da parte della società emittente o con l’emissione della fattura se antecedente il pagamento, ai sensi dell’articolo 6 del dpr 633/1972, n. 633». Tale principio di conseguenza, «sarà tenuto presente in caso di disallineamento tra i dati trasmessi telematicamente e l’imposta liquidata periodicamente». In altri termini, l’Agenzia è in grado di individuare errori di trasmissione non originati dall’esercente; di conseguenza, eventuali discordanze tra corrispettivi inviati e somme dichiarate non comportano sanzioni automatiche ma vengono valutate alla luce della documentazione fiscale prodotta dall’esercizio.

Per fortuna che ci sono i baristi.