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Tarabusi e Trombetta: le ricadute del decreto Rilancio sulle farmacie

15 Maggio 2020

Il blocco dei pignoramenti a carico delle Asl indebitate, che il decreto Rilancio mette sul piatto all’articolo 126, potrebbe arrecare alle farmacie disagi ben più pesanti di quelle che lo stesso tipo di provvedimento ebbe dieci anni fa, quando venne adottato per la prima volta dalla Manovra per il 2011. Perché lo stato di salute finanziario che le imprese dalla croce verde avevano allora è ben diverso da quello che mostrano oggi. Questa almeno è la valutazione che arriva dai commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, ai quali FPress ha chiesto di valutare la disposizione dettata dal decreto Rilancio. «Premesso che finché il testo non esce in Gazzetta ufficiale ogni ragionamento manca di consistenza» avvertono «non c’è alcun dubbio che il blocco dei pignoramenti rispolverato dal decreto Rilancio piomba su una farmacia che non è più quella di dieci anni fa».

«E’ probabile» osservano Tarabusi e Trombetta «che nelle regioni dove le aziende sanitarie hanno conti e finanze più traballanti, il blocco dei pignoramenti possa diventare un appiglio per mettersi al riparo dalle richieste di rimborso dei fornitori, farmacie comprese, nella consapevolezza che sino alla fine dell’anno niente può capitare. In altre parole, il rischio che questo blocco venga utilizzato dalle aziende sanitarie per ridistribuire le proprie scadenze finanziarie è consistente».

Il problema, tuttavia, è che oggi le farmacie dispongono oggi di una liquidità che non è più quella di dieci anni fa, e quindi diventa più difficile affrontare gli effetti di disposizioni come quella ripristinata dal decreto Rilancio. Perché oltre a un decennio di erosione della ricetta Ssn, le imprese dalla croce verde scontano oggi anche gli effetti dell’emergenza covid. «Non tutte le farmacie ne hanno risentito allo stesso modo» ricordano i due «ma non c’è dubbio che molte abbiano risentito della crisi, anche se hanno continuato a lavorare e non hanno patito i crolli di altri comparti. In generale si è contratto il cassetto, soprattutto nelle farmacie di città dove il lock-down ha gravato sugli acquisti dell’extrafarmaco. Ed è difficile che la fase 2 possa invertire la tendenza da un giorno all’altro».

Troppe infatti, ricordano i commercialisti, le incognite che ancora aleggiano sulla cosiddetta ripartenza: «Il blocco di moltissime attività ha inciso pesantemente sulle tasche di tanti italiani, che vorranno tenere a casa i soldi» spiegano «e poi non dimentichiamo che la permanenza delle misure di distanziamento sociale almeno sino alla fine dell’anno non ridurrà soltanto il contagio di covid, ma anche quello di influenza e sindromi varie della stagione fredda: ci si ammalerà di meno e quindi si spenderà di meno».

Ma ciò che lascia più perplessi Tarabusi e Trombetta, è che il Governo abbia voluto rispolverare un provvedimento che oggi appare superato e obsoleto. «Non dimentichiamoci» ricordano «che il blocco dei pignoramenti è stato giudicato incostituzionale dalla Consulta nel 2012. Ma soprattutto, stupisce che questo strumento sia stato recuperato senza la benché minima sensibilità per le aziende fornitrici della Sanità, che rischiano così di ritrovarsi in grandissima difficoltà. E’ mancate persino la sensibilità di attenuare la disposizione con un intervento diretto a permettere a queste aziende di compensare i mancati introiti con un accesso agevolato al credito bancario».