filiera

Tempi di pagamento della Pa, Italia condannata dalla Corte di giustizia Ue

30 Gennaio 2020

L’inottemperanza alla direttiva 2011/7/Ue, che limita a 30 o 60 giorni la dilazione per i pagamenti ai fornitori da parte delle pubbliche amministrazioni, rappresenta per l’Italia una violazione degli obblighi comunitari che le incombono. E’ quanto recita la sentenza della Corte di giustizia europea che l’altro ieri, 28 gennaio, ha accolto il ricorso presentato nel dicembre 2017 dalla Commissione europea. Come si ricorderà, il deferimento era l’atto finale della procedura di messa in mora che Bruxelles aveva avviato nel 2014 a carico del nostro Paese per violazione della direttiva sui tempi di pagamento: il testo, ricorda la Corte, disciplina «tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e amministrazioni pubbliche» e obbliga gli Stati membri a far sì che «nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione» il periodo di pagamento non superi i trenta giorni dal ricevimento della fattura o «un massimo di sessanta giorni per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria».

A quella notifica di Bruxelles era seguito un serrato scambio epistolare tra la Commissione Ue e il governo italiano, nel quale Roma aveva di volta in volta riportato i provvedimenti messi in campo per recuperare i ritardi e inviato dati sui tempi medi di pagamento delle sue amministrazioni. Alla fine del 2017 infine Bruxelles, insoddisfatta delle risposte dell’Italia, decise per il deferimento alla Corte di giustizia Ue.

Davanti ai giudici comunitari, il nostro Paese ha contestato la legittimità del ricorso sostenendo che la direttiva mirerebbe «a uniformare non i tempi entro i quali le pubbliche amministrazioni devono effettivamente procedere al pagamento degli importi dovuti ma unicamente i tempi entro i quali essi devono adempiere alle loro obbligazioni senza incorrere nelle penalità automatiche di mora». E le sue disposizioni «assoggettano lo Stato membro interessato non a obblighi di risultato ma, tutt’al più, a obblighi di mezzi, la cui violazione può essere accertata solo se la situazione di tale Stato membro si discosta notevolmente da quella prevista dalla direttiva».

Di avviso diverso la Corte di giustizia: l’obbligo imposto agli Stati membri dalla direttive «riguarda il rispetto effettivo dei termini di pagamento previsti», perché il suo scopo è quello di «lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali». Di conseguenza, la persistenza di tempi di pagamento ai fornitori più lunghi del consentito da parte delle pubbliche amministrazioni comporta per il nostro Paese un’inottemperanza agli obblighi comunitari.

In base ai trattati Ue, la sentenza obbliga l’Italia ad adeguarsi alle norme comunitarie violate. In caso questo non avvenga, la Commissione europea può deferire nuovamente il Paese alla Corte di giustizia, che nell’eventualità di una seconda condanna può decidere per l’irrogazione di sdanzioni economiche.