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Pubblicità sanitaria, le catene dell’odontoiatria ricorreranno all’Ue

27 Giugno 2019

Le catene di ambulatori odontoiatrici che operano nella sanità privata si appelleranno alla direzione generale Competizione e mercato interno della Commissione europea contro le norme sulla pubblicità sanitaria approvate a dicembre con la Legge di Bilancio. L’annuncio arriva dall’Ancod, Associazione nazionale centri odontoiatrici, che rappresenta circa 800 centri dove lavorano più di settemila medici odontoiatri. A giudizio della sigla di settore, i due commi della legge 145/2018 (525 e 536 dell’articolo 1) che dettano norme più severe in materia di comunicazione al pubblico sarebbero in contrasto con i Trattati europei e con i principi costituzionali della libertà d’impresa sanciti dall’articolo 41 della Costituzione.

Come si ricorderà, il comma 525 impone a professionisti della Sanità e strutture di reclamizzare soltanto «le informazioni di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legge 223/2006», dirette «a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria». Il comma 536, invece, dà indicazioni agli ordini delle professioni sanitarie (farmacisti compresi, quindi) perché le loro segnalazioni su eventuali violazioni siano inviate non più all’Antitrust ma «all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza».

Secondo l’Ancod, tali disposizioni sono sproporzionate e irragionevoli, oltre che fortemente limitative del principio di concorrenza. In particolare, il comma che affida all’Agcom la competenza sulle sanzioni in matria di pubblicità sanitaria è in contrasto con quanto previsto all’articolo 27, comma 1 bis, del Codice del consumo (d.lgs. 206/2005). Critiche, infine, anche alla disposizione del comma 536 che obbliga le strutture sanitarie private ad avere un direttore sanitario iscritto all’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della città in cui ha sede operativa la struttura. Tale previsione, è la tesi dell’Ancod, viola la normativa europea sulla libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei professionisti.