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Coronavirus e carenze: in Italia si tranquillizza, in Germania crescono timori

19 Febbraio 2020

Mentre in Italia Farmindustria continua a escludere il rischio che l’epidemia cinese di coronavirus possa mettere in difficoltà la produzione delle aziende farmaceutiche di casa nostra – vedi l’intervista di ieri al Corriere della Sera in cui il presidente Massimo Scaccabarozzi assicura che «la situazione è sotto controllo e ogni impresa dispone di piani di continuità in grado di assicurare la produzione e la distribuzione» – in Germania crescono le preoccupazioni per le notizie che arrivano dalla Cina. Ne riferisce un articolo della rivista Daz.online, secondo il quale l’epidemia di coronavirus (e la quarantena di massa disposta dalle autorità locali) ha ormai paralizzato la produzione delle aziende farmaceutiche di Hubei, la provincia che ha per capitale Wuhan, la città da dove è partita l’infezione.

La Bfarm, l’Aifa tedesca, esclude per il momento ripercussioni sulle forniture di materie prime, ma al summit della settimana scorsa dei ministri della Salute Ue (come riportato da FPress) il tedesco Jens Spahn ha ammesso di avere timori per le strozzature che l’epidemia potrebbe generare nella filiera farmaceutica, in particolare sulla produzione di antibiotici.

Sulla stessa linea l’Associazione tedesca delle farmacie innovative (Via, Verband innovativer apotheken), che in un comunicato diffuso ieri esprime preoccupazioni per quanto potrebbe accadere alla produzione di generici. L’epidemia, scrive in particolare la sigla delle farmacie tedesche, ha rivelato le contraddizioni della politica sui farmaci perseguita in Germania: l’elevata pressione sui prezzi esercitata dalle casse-mutua con i contratti di acquisto (gare al ribasso che costringono i produttori a concedere sconti crescenti, come avviene in Italia con gli acquisti centralizzati regionali) hanno spinto le aziende a esternalizzare la produzione, in particolare in India e Cina. Risultato, si bada più al contenimento dei costi che alla stabilità di produzione e forniture.

E’ quindi arrivato il momento, sostiene Via, che si riconsideri interamente questa politica: «Le casse-mutua non sono in grado di garantire la continuità delle cure farmaceutiche» è l’accusa «come avviene in altri Paesi, spetterebbe al ministero della Salute evitare tali crisi e garantire che il sistema sia più sicuro. Servono cambiamenti di vasta portata al sistema sanitario, che vanno ben oltre i confini della farmacia».