dalle regioni

Distribuzione diretta, Forlì-Cesena ricorrerà al consiglio di Stato

10 Dicembre 2019

Federfarma Forlì-Cesena impugnerà davanti al Consiglio di Stato la sentenza del Tar emiliano del 30 agosto scorso che aveva respinto il suo ricorso contro Regione e Asl Romagna per inadempienza degli accordi sulla dpc. E’ quanto ha deciso la settimana scorsa l’associazione provinciale non senza travagli per l’impegno economico che richiederà il prolungamento del contenzioso. «Le farmacie di questa parte della regione patiscono crescenti difficoltà economiche» spiega a Fpress il presidente di Federfarma Forlì-Cesena, Alberto Lattuneddu (foto) «diverse hanno fatto ricorso al concordato e altre sono in forte indebitamento. Siamo però d’accordo sulla necessità di impugnare a tutti i costi la sentenza, perché non farlo avrebbe voluto dire pagare un prezzo ancora più alto».

Come sintetizza lo stesso Lattuneddu, con il loro intervento i giudici amministrativi hanno fatto passare il principio che gli accordi sulla dpc possono essere bypassati dalla parte pubblica. «Se non contestiamo con ogni mezzo questo principio» osserva il presidente dei titolari forlivesi e cesenati «le farmacie non solo di queste due province, ma di tutta l’Emilia Romagna e del resto del Paese non hanno più tutele nei confronti della parte pubblica». Lo dimostrerebbe la recentissima sentenza che lo stesso Tar ha pronunciato sul ricorso di Federfarma Rimini, scaturito anche questo dal mancato rispetto degli accordi regionali sulla dpc da parte dell’Asl Romagna e bocciato come quello di Forlì-Cesena perché l’intesa non configura obblighi nei confronti della parte pubblica.

«Di fronte a una sentenza tanto punitiva nei confronti delle farmacie» riprende Lattuneddu «diventa indispensabile chiedersi cosa significa oggi fare sindacato: in 7-8 anni la diretta regionale ha drenato il 50% delle risorse destinate alle farmacie, che ciò nonostante hanno mantenuto i livelli occupazionali. Ma così non si può più andare avanti, o si imbocca la strada della protesta vera e propria oppure ce ne andiamo tutti a casa».

Lattuneddu qualche idea ce l’ha già: «Penso a uno sciopero di tutta la categoria» dice «oppure a forma di protesta più clamorose come la disdetta di tutti i servizi o il licenziamento di un addetto a farmacia. Di certo, così non si può più andare avanti». Intanto, a Federfarma Emilia Romagna e a Federfarma nazionale parte l’invito a sostenere il ricorso davanti al Consiglio di Stato: «Abbiamo già chiesto un intervento ad adiuvandum con il contributo dei loro legali» conferma Lattuneddu «e se ce lo dovessero rifiutare, dedurremmo che il tutti per uno-uno per tutti non c’è più e trarremmo le dovute conclusioni».

Intanto da gennaio dovrebbe entrare in vigore l’attesa lista unica regionale, che dovrebbe finalmente uniformare la dpc in tutte le Asl e riportare in convenzionata i farmaci extra-pht distribuiti per conto. Ma Lattuneddu preferisce restare cauto: «Il provvedimento è particolarmente atteso soprattutto in questa parte della regione, dove si genera il 50% dei volumi della diretta emiliano-romagnola. Abbiamo chiesto che la lista, per essere davvero efficace, preveda un tetto procapite per confezioni, vedremo cosa viene fuori».

Anche perché la lista è uno dei punti pattuiti nell’accordo sulla dpc firmato nel febbraio scorso e finora rimasto inapplicato in buona parte dei contenuti: «L’intesa sul Cup è stata recepita soltanto in alcune province» riferisce Lattuneddu «il Fascicolo sanitario elettronico ancora non è partito, la presa in carico della Bpco si è fermata al momento alla formazione – ma attendiamo ancora la registrazione dei crediti conseguiti un anno fa – la distribuzione a pacchetti resta un incognita. E visto che l’accordo è biennale, sarà tanto se alla scadenza avremo attuato il 40% delle sue disposizioni». Ma la lista unica, visto che a gennaio ci sono le elezioni regionali, dovrebbe essere in dirittura d’arrivo.