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Piemonte, mmg contro l’accordo regionale sulla telemedicina

16 Aprile 2024

Dopo avere criticato il ddl Semplificazioni nella parte in cui estende a livello nazionale il servizio di scelta e revoca del mmg in farmacia, il Sindacato medici italiani se la prende ora con l’accordo sulla telemedicina siglato nei giorni scorsi da Regione Piemonte, Federfarma e Assofarm. «L’intesa che avvia la sperimentazione della farmacia dei servizi» scrive in una nota lo Smi (il terzo sindacato della mg per rappresentatività, dopo Fimmg e Snami) «consentirà esami gratuiti in farmacia con holter pressori, holter cardiaci ed elettrocardiogrammi ma contiene possibili incongruenze».

A non piacere, in particolare, è il passaggio dell’accordo che subordina l’esecuzione delle prestazioni non a una ricetta del medico curante ma a una valutazione del rischio cardiovascolare da parte del farmacista. «Non è in discussione dove gli esami si potranno effettuare» puntualizza Pina Onotri, segretario generale dello Smi «ma chi li decide, prescrivendoli. Certamente non possono essere decisi né dal paziente né dal farmacista. È auspicabile invece che sia gli elettrocardiogrammi, sia gli holter vengano sempre prescritti da un medico di medicina generale o da uno specialista. Non possiamo accettare che a decidere sia il farmacista, utilizzando delle tabelle. Si pone una questione in merito all’appropriatezza stessa degli esami».

Lo Smi, specifica Onotri, non vuole innescare nessuna polemica con i farmacisti, «ma questo accordo è l’ennesima risposta sbagliata alla crisi della mg. C’è bisogno, invece, di un’inversione di tendenza concreta, da parte del Governo e delle Regioni, con politiche dedicate alla professione medica e non di misure come quelle previste nell’accordo sperimentale del Piemonte».

Stesse considerazioni da Antonio Barillà, segretario regionale di Smi Piemonte, che definisce l’accordo piemontese «un’iniziativa senza senso che mira alla ricerca del consenso: attendiamo di visionare il documento integrale dell’accordo per valutare se vi siano le condizioni giuridiche per fare ricorso, tenendo conto, sia di un eventuale abuso di professione che dell’appropriato utilizzo dei soldi pubblici».