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Verona, Consiglio di Stato su caso Agec: prelazione ai comuni solo residuale

12 Aprile 2019

E’ illegittima anche per il Consiglio di Stato l’operazione che nel 2009 vide l’Agec, l’azienda comunale cui fanno capo le farmacie pubbliche veronesi, rilevare dagli eredi del titolare la proprietà di un esercizio privato. E’ quanto stabilisce la sentenza, pubblicata il 10 aprile, con la quale i giudici amministrativi di secondo grado hanno confermato l’orientamento già adottato nel giugno scorso dal Tar Veneto. La vicenda, in sintesi, ruota attorno a una farmacia privata di Verona, passata nel 2007 in gestione provvisoria agli eredi del titolare mediante costituzione di una snc. Un paio di mesi prima della scadenza biennale prevista dalla legge 362/91 (trascorsa la quale sarebbe scattata la «vacanza della farmacia»), l’Agec intervenne per acquistare dai proprietari il 100% delle quote, a un prezzo di poco superiore ai due milioni di euro. L’operazione prevedeva che la titolarità sarebbe poi passata al comune, mentre la municipalizzata avrebbe mantenuto la gestione.

Contro l’operazione presentarono subito ricorso al Tar due farmacisti, interessati alla riassegnazione che sarebbe scattata se Ageco non fosse intervenuta con l’acquisto, quindi Federfarma Verona e l’Ordine dei farmacisti della provincia. Quasi dieci anni dopo, nel giugno 2018, la sentenza di primo grado del Tribunale amministrativo: la legge, hanno ricordato i giudici, dice che i comuni possono esercitare il diritto di prelazione soltanto sulle farmacie dichiarate vacanti, non su quelle che ancora non lo sono. Precorrendo i termini, Agec ha privato della chance di diventare titolare i farmacisti che avrebbero potuto concorrere alla riassegnazione della sede.

Sulla stessa linea, come detto, il Consiglio di Stato: l’attribuzione del diritto di prelazione ai comuni va ritenuta «solo residuale, in coerenza con il prevalere dei principî eurounitari di concorrenza e libertà dei mercati»; e comunque l’acquisizione della titolarità della farmacia da parte dell’ente comunale o della stessa azienda speciale deve «muovere attraverso l’evidenziazione dell’interesse pubblico», cosa che nel caso esaminato non è avvenuta.