attualita

Riforma della governance, le Regioni rispolverano le loro vecchie proposte

19 Luglio 2018

Previsioni confermate: viene proprio dal passato la riforma della governance farmaceutica che le Regioni vorrebbero mettere in pista per costringere in nuove e più robuste briglie la spesa del Ssn. Lo ha detto a chiare lettere Antonio Saitta (foto), coordinatore degli assessori regionali alla Salute, nell’audizione informale con cui ieri ha presentato alla commissione Igiene e sanità del Senato richieste e proposte delle Regioni in tema di Ssn. Tra i punti non poteva non esserci la spesa farmaceutica, sulla quale Saitta non ha fatto altro che ripresentare, con qualche aggiornamento, le proposte già messe sul tavolo nel 2016 e poi l’anno successivo, nel corso dei vari negoziati aperti con i governi del tempo per parlare di riforma della governance.

Le richieste, ovviamente, si concentrano sulla fetta di spesa dal maggiore tasso d’insostenibilità, cioè ospedaliera e diretta-dpc. Ma non mancano proposte che vanno a impattare anche sulla convenzionata, nonostante da anni si mantenga ben al di sotto del proprio tetto di spesa. Il mirino, in particolare, si concentra sugli equivalenti e sulla compartecipazione sostenuta dagli assistiti per coprire la differenza tra quota di rimborso Ssn e prezzo del farmaco dispensato: eccessiva, dicono le Regioni, dato che nel 2017 il gettito ha superato il miliardo di euro. Va dunque ridotta e per farlo la proposta è quella di fissare un tetto allo scostamento tra il prezzo del generico più economico e quelli degli altri equivalenti; valicata tale soglia, il farmaco esce dalla rimborsabilità e se ne va in classe C.

Altra proposta di sicuro impatto sui fatturati delle farmacie, quella relativa alla revisione del Prontuario. Si tratta, almeno in apparenza, dello stesso intervento già programmato dall’Aifa nel Piano delle attività per il 2018, di recente approvato dalla Conferenza Stato-Regioni: l’idea, in sostanza, è quella di procedere a un riordino dell’elenco dei farmaci rimborsati («tenuto conto delle differenze di costo per terapia nell’ambito delle stesse aree terapeutiche») e dell’elenco dei medicinali inclusi nel Pht. Non ci sono altri dettagli, ma il sospetto è che l’obiettivo sia quello di ottenere una robusta limata ai prezzi dei farmaci, con l’obiettivo di conseguire sulla convenzionata risparmi che poi verrebbero dirottati sugli acquisti diretti. Oppure ottenere un riequilibrio dei tetti, che oggi valgono il 7,96% per la fascia A e il 6,89% per ospedaliera e diretta-dpc.

A proposito di spesa ospedaliera e per i medicinali della diretta-dpc, la richiesta prioritaria è quella – già sentita altre volte – di poter sfruttare le cosiddette gare di acquisto in equivalenza terapeutica: «Oggi» scrivono le Regioni «solo il 10-15 % della spesa per l’acquisto dei farmaci in ospedale avviene in regime di concorrenza». Se l’Aifa procedesse alla definizione di classi di equivalenza sulla falsariga di quanto già fa per i generici, sarebbe possibile organizzare a tambur battente gare di acquisto in cui a essere messi in competizione tra loro sono farmaci con differente principio attivo. Più concorrenza, maggiori ribassi, prezzi ancora più convenienti per le centrali di acquisto regionali.

Governance a parte, Saitta ha presentato alla commissione Affari sociali i desiderata delle Regioni anche in materia di spesa sanitaria e assistenza. C’è innanzitutto la richiesta di un’inversione di tendenza sul finanziamento del Fondo sanitario nazionale, della quale beneficerebbe la spesa farmaceutica convenzionata e dunque anche le farmacie: gli stanziamenti per il Ssn devono essere correlati stabilmente all’andamento del Pil e va fermata la tendenza a incrementare le risorse vincolate (in particolare nella farmaceutica, con i due fondi per gli innovativi) a danno delle risorse indistinte. «E’ necessario» dicono in particolare le Regioni «che sia ristabilita l’applicazione del binomio autonomia-responsabilità e venga garantita l’autonomia regionale nell’utilizzo delle risorse, eliminando sia i vincoli di destinazione sia lo strumento, obsoleto e burocratico, degli obiettivi di piano (da dove, detto per inciso, la Legge di Bilancio va a prendere i 36 milioni di euro con cui viene finanziata la sperimentazione triennale della farmacia dei servizi, ndr)».

Quanto ai servizi sanitari, nel loro documento le Regioni dedicano un paragrafo al «rilancio della medicina generale e delle cure primarie», nel quale pongono la necessità di una «riorganizzazione dell’assistenza territoriale che promuova, attraverso nuovi modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità basati sulla medicina di iniziativa e su un forte impulso dell’assistenza domiciliare». Di farmacia, neanche la parola.