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Farmaci online, dall’Europa sentenza controversa sui marketplace

1 Marzo 2024

Ha fatto subito discutere la sentenza con cui la Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) è intervenuta ieri sul delicato tema del rapporto tra vendita online dei farmaci senza ricetta e marketplace, le piattaforme (Amazon è il caso più noto) che fanno incontrare a distanza domanda e offerta, cioè rivenditori e consumatori. Il caso sul quale il giudice europeo ha detto la sua è quello di Doctipharma, portale francese (oggi di proprietà di DocMorris, tra l’altro) che nel 2016 era stato portato davanti alla giustizia transalpina dall’Udgpo, l’associazione dei gruppi d’acquisto controllati dai farmacisti.

Premessa d’obbligo, in Francia la commercializzazione via internet dei farmaci è regolata da norme pressoché identiche a quelle vigenti in Italia: è consentita sui soli medicinali senza ricetta e possono vendere soltanto gli esercizi fisici autorizzati (le farmacie) attraverso siti di loro proprietà, con l’esclusione quindi dei cosiddetti marketplace.

Il nocciolo del contenzioso riguarda quest’ultimo divieto: Doctipharma ospitava sul proprio sito le vetrine virtuali di diverse farmacie transalpine, da dove erano venduti al pubblico anche sop e otc. Per l’Udgpo a vendere effettivamente era il portale, per Doctipharma il suo unico ruolo era quello di mettere in contatto venditori e consumatori. Il contenzioso si trascina per alcuni anni con sentenze di primo e secondo grado che prima danno ragione all’associazione e poi al marketplace, infine nel 2021 la Corte di appello di Parigi rimette la questione al giudice europeo con una richiesta di pronuncia pregiudiziale.

Ieri, come detto, la sentenza finale della Cgue, che come sempre non entra nel merito della questione ma fissa i principi-guida: la legislazione nazionale di uno Stato Ue, è in sintesi l’indicazione,  può legittimamente vietare la vendita online di farmaci senza obbligo di ricetta ai «prestatori» che non possiedono la qualifica di farmacista, ma se tale prestatore si limita «a mettere in contatto venditori e clienti, mediante una prestazione propria e distinta dalla vendita», allora gli Stati membri «non possono vietare tale attività», perché rientra tra i servizi della società dell’informazione. In altri termini, la questione dirimente è se Doctipharma vendesse effettivamente farmaci oppure si limitasse soltanto a fare il marketplace, cioè mettere in contatto domanda e offerta; nel primo caso il divieto opposto dalla legge francese è legittimo, nel secondo no.

Per la Corte di giustizia Ue spetterà al giudice nazionale rispondere al dilemma, intanto però la sentenza ha subito fatto discutere: chi vince e chi perde con questa sentenza, le farmacie o i marketplace? In Francia i farmacisti sono divisi: Laurent Filoche, presidente dell’Udgpo, canta vittoria: «Sulla base della disposizione» commenta «gli Stati membri possono vietare la prestazione di un servizio consistente nel mettere in contatto, tramite un sito Internet, farmacisti e clienti per la vendita di medicinali sop qualora risulti che è lo stesso fornitore del servizio a effettuare la commercializzazione».

Ma non tutti condividono l’esultanza. Per Alain Grollaud, presidente di Federgy (il sindacato dei network di farmacia), si tratta di una «vittoria di Pirro» che deve convincere la professione a trovare soluzioni che permettano alle farmacie di raggiungere il pubblico «senza passare dalle piattaforme tipo marketplace. Dobbiamo rispondere a un bisogno sociale consegnando a domicilio ai pazienti».

Commenti tutt’altro che entusiasti anche dalla Germania, dove la vicenda è stata seguita passo per passo considerata la rilevanza del mercato online tedesco (che consente la vendita anche dei farmaci con ricetta) e la massiccia presenza delle grandi farmacie internazionali (come la già citata DocMorris): con la sua sentenza, riassume la rivista Apotheke Adhoc, il giudice europeo ha detto in sostanza che un marketplace dal quale le farmacie vendono farmaci al pubblico non diventa automaticamente esso stesso una farmacia, quindi la sua attività non può essere per principio vietata. Ma il dibattito è appena iniziato.