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Biologi e laboratoristi in trincea: farmacie inadatte per fare test anti-covid

27 Ottobre 2020

Non si spengono le proteste di biologi e tecnici di laboratorio per gli accordi che in alcune regioni consentono alle farmacie di effettuare test sierologici e tamponi antigenici covid. In una nota risalente a venerdì (23 ottobre) il presidente dell’Ordine nazionale dei biologi, Vincenzo D’Anna (foto), annuncia che sono in corso di valutazione «iniziative legali» per far revocare «le disposizioni impartite da quelle regioni in cui è stata autorizzata l’esecuzione in farmacia dei test cosiddetti “veloci”». L’intento primario, prosegue il comunicato, è quello di «tutelare la salute dei cittadini e la professionalità di quanti (biologi, medici, chimici e tecnici di laboratorio) operano nei laboratori clinici accreditati con il Ssn».

«Tali tipi di esame» avverte D’Anna «presentano varie criticità riguardanti la possibilità di falsi negativi e di falsi positivi, sia per l’alta quantità di materiale virale necessario a positivizzarli, sia per la non specificità dei test medesimi». In questo momento di massimo allarme e di grande preoccupazione, conclude il presidente dell’Ordine dei biologi, «desta sconcerto l’autorizzazione di screening fallaci con metodiche invasive in ambienti certamente non idonei come le farmacie», dove il prelievo «dovrebbe essere eseguito con le adeguate misure di protezione per il personale, con adeguata e costante sanificazione e con lo smaltimento dei rifiuti ai sensi della vigente normativa».

Parla di «scarsa affidabilità dei risultati e pericolosità dei test eseguiti in ambienti inadeguati come le farmacie» anche Saverio Stanziale, presidente della Commissione albo nazionale Tecnici sanitari di laboratorio biologico, che in una lettera pubblicata ieri da Quotidiano Sanità invita il ministero della Salute a convocare un tavolo dove esaminare le proposte della Commissione per lo sviluppo del comparto.