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Tossicodipendenze, Ieud: nel lockdown morti da overdose in forte crescita

29 Luglio 2020

Negli Usa, 35 Stati americani sui 52 dell’Unione hanno mostrato dati che rivelano una brusca inversione delle morti per overdose: dopo 18 mesi di costante calo, negli ultimi sei sono cresciute vertiginosamente fino ad arrivare ai livelli di un intero anno. I decessi di dodici mesi nella metà del tempo. In Italia i numeri saranno noti nella loro completezza soltanto a fine anno ma i dati già disponibili, che riguardano soltanto alcuni osservatori regionali, mostrano la stessa evoluzione.

A rivelarlo un comunicato diffuso l’altro ieri dallo Ieud, L’Istituto europeo per il trattamento delle dipendenze. L’isolamento sociale da lockdown e la maggiore vulnerabilità allo stress delle persone fragili sul piano relazionale ed esistenziale, spiega la nota, può aver amplificato malesseri o euforie da interruzione dei controlli, favorendo pensieri autodistruttivi.

«Nella dipendenza da droghe» spiega lo Ieud «non avere relazioni sociali e non poter vedere neppure i terapeuti lascia campo libero alla droga, unica compagna sempre presente. Inoltre assunzioni più solitarie, senza qualcuno che possa chiamare l’emergenza, hanno limitato la possibilità di aiuto in caso di overdose. A casa propria, da soli, se si sbaglia sostanza o dose, non si hanno possibilità di un intervento salvavita precoce».

Come altri servizi aperti al pubblico, in effetti, anche i servizi sanitari hanno ridotto la loro accessibilità: i pazienti in cura per la dipendenza hanno visto rallentare le visite, i controlli, gli interventi in genere. Allo stesso tempo, i soldi per la sanità sono stati dedicati alle cure anti-covid, producendo in breve la sospensione di servizi “non urgenti” o “non essenziali” come i progetti di prevenzione e di riduzione del danno, la diluizione del monitoraggio medico e infermieristico, la riduzione di attività psicologiche, educative, riabilitative. La pandemia, in sintesi, ha distolto le politiche sanitarie dalla vigilanza sulle overdosi.

Una maggiore distanza dai pazienti e le difficoltà di spostamento e accesso ai servizi hanno comportato minori controlli sull’adesione alla terapia. Nel caso della terapia sostitutiva con metadone o buprenorfina, è aumentata la pratica dell’affido del farmaco ai pazienti, anche per lunghi periodi (la legge lo permette fino a 30 giorni), riducendo le somministrazioni di persona e i controlli sanitari. Inevitabilmente, la consegna di significativi quantitativi di prodotto a pazienti in cura per la tossicodipendenza crea “occasioni” di misuso e diversione, cioè di uso improprio o ancor peggio di cessione ad altri, ovviamente illegale, delle proprie dosi per soldi.

«La drammatica esperienza americana – conclude Emanuele Bignamini, membro del Comitato scientifico di Ieud «deve insegnarci a riflettere con la giusta preoccupazione sulle possibili conseguenze anche in Italia dell’epidemia di covid-19 sulle overdose da droga. Il caso recente dei due ragazzi di 15 e 16 anni di Terni, morti per probabile overdose da metadone, segnala l’importanza di investire in politiche sanitarie cogliendo anche l’occasione della disponibilità di innovative soluzioni legate al controllo digitale della salute».