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Tribunale: legittima la sospensione dell’operatore che non vuole vaccinarsi

6 Luglio 2021

E’ legittima la sospensione del lavoratore di una Rsa che rifiuta di vaccinarsi contro covid, perché chi presta la propria opera è tenuto a osservare precisi doveri per la tutela dell’integrità psico-fisica propria e di tutti i soggetti con cui entra in contatto. E’ il principio espresso dall’ordinanza con cui il 19 maggio scorso la terza sezione civile lavoro del Tribunale di Modena ha respinto il ricorso presentato dalla dipendente di una cooperativa impegnata in una Residenza sanitaria. La decisione, che conferma l’orientamento già espresso in precedenza dal Tribunale di Belluno in un contenzioso dello stesso genere, si riferisce a un caso antecedente all’approvazione del dl 44/2021 sull’obbligo vaccinale per sanitari e operatori del comparto, ma è comunque utile a chiarire il quadro normativo in cui si colloca il decreto.

Per i giudici, in particolare, è decisivo l’ articolo 20 del Testo unico per la sicurezza sul lavoro, che obbliga ogni lavoratore a prendersi cura della propria sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Sotto lo stesso obbligo ricade l’utilizzo appropriato dei dispositivi di protezione disponibili, che vale anche per i liberi professionisti operanti sotto un datore di lavoro.

A questo, continuano i giudici, si aggiunge l’articolo 2094 del Codice civile, dove si sancisce che la stipula di un contratto di lavoro subordinato impegna il prestatore a mettere a disposizione del datore la propria attività di lavoro a fronte di una retribuzione. Ne consegue che il prestatore di lavoro, nello svolgimento dell’attività, è tenuto a rispettare precisi doveri di cura e sicurezza, per la tutela dell’integrità psico-fisica propria e di tutti i soggetti terzi con cui entra in contatto.

In aggiunta, prosegue la sentenza, non va dimenticato che il datore di lavoro ha un preciso obbligo di sicurezza nei confronti sia del lavoratore sia di tutti quelli che vivono e lavorano all’interno della struttura, come previsto dall’articolo 2087 del Codice civile. In capo al datore, dunque, vige l’obbligo di adottare non solo le misure imposte tassativamente dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, ma anche tutte le altre iniziative richieste dalla specificità del rischio.

La vaccinazione – che all’epoca del caso ancora non risultava obbligatoria per gli operatori del comparto sanitario –costituiva (e ancora oggi costituisce) misura sanitaria utile a depotenziare la diffusione di covid. Di conseguenza, il rifiuto alla somministrazione comporta la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali e dal diritto a percepire la retribuzione, a meno che il datore di lavoro non possa adibire l’interessato a mansioni che non implicano il rischio di contagio.