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Friuli Venezia Giulia, in arrivo 400 infermieri di famiglia entro il 2025

27 Settembre 2022

«L’infermiere di comunità sarà un importante pilastro per lo sviluppo della sanità territoriale, sia per l’assistenza alle persone sia per la promozione della salute. Per istituire e certificare questa figura, in linea con il dm 77, abbiamo avviato un percorso che porterà, entro il 2025, a rendere attivi sul territorio 400 infermieri di famiglia o comunità». Lo ha annunciato ieri in un incontro  il vicepresidente con delega alla Salute del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi (foto): questa figura, ha detto, avrà un ruolo determinante nei processi di assistenza e cura dei cittadini-utenti e nell’attivazione di quella che si può chiamare la “sanità di iniziativa”.

La presa in carico della persona, ha spiegato, avverrà per livelli di complessità: la popolazione, cioè, sarà “stratificata” per livello di rischio, in modo da fornire risposte il più possibile appropriate, corrette ed esaustive alle persone. «L’infermiere di famiglia o comunità opererà in integrazione con tutti i professionisti presenti a livello territoriale tra cui medici di medicina generale, assistenti sociali, fisioterapisti, educatori eccetera In alcune aree della regione, negli anni scorsi, sono stati già sviluppati modelli di infermieristica di comunità: nella Bassa Friulana, per esempio, e nell’area Isontina. Con il modello che sarà avviato ora in Friuli Venezia Giulia si andrà a uniformare la figura di questo professionista della salute sull’intero territorio. Lo standard riferimento è di un infermiere di famiglia ogni 3.000 abitanti».

L’infermiere assicurerà la connessione tra i diversi setting territoriali: per esempio negli ambulatori, in accordo con le amministrazioni locali, vicino al medico di medicina generale e all’assistente sociale, perché la prossimità fisica aiuta a realizzare la presa in carico e l’integrazione tra tutti i professionisti e tutti i servizi. «Non sarà solo un infermiere che eroga prestazioni» ha avvertito ancora Riccardi «ma si renderà “attivatore” di vicinato, parrocchia e altre realtà di volontariato della comunità locale, perché alla cronicità non può bastare soltanto una risposta tecnica: occorre invece una presa in carico globale per offrire alle famiglie che hanno al loro interno pazienti portatori di patologie croniche una risposta a 360 gradi, anche con l’assistenza di tipo tutelare e relazionale».

Gli infermieri di comunità si adopereranno per promuovere interventi di promozione e di educazione alla salute proprio per attivare e sviluppare stili di vita sani. A questi obiettivi si arriverà in modo graduale con la formazione specifica e informando tutti gli stakeholders della progettualità. Il percorso formativo regionale per lo sviluppo dell’infermieristica di famiglia o comunità, ha concluso Riccardi, è strutturato in circa 90 ore di formazione residenziale e 200 ore di tirocinio al fine di far acquisire ai professionisti le conoscenze utili ad agire le competenze specifiche necessarie.