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Carenze di farmaci, fenomeno in crescita anche negli Stati Uniti

31 Gennaio 2020

Il fenomeno delle carenze farmaceutiche si allarga e cresce d’intensità non soltanto in Europa – come ha dimostrato la recentissima indagine del Pgeu – ma anche negli Stati Uniti. Lo testimoniano i dati diffusi nei giorni scorsi dall’American society of health-system pharmacist, aggiornati a fine 2019: nel corso dell’anno, dice l’analisi, sono stati registrati 166 nuovi casi di irreperibilità, in leggero calo rispetto al 2018 (186). La maggior parte delle carenze segnalate (il 61%) ha riguardato farmaci non iniettabili, mentre il totale delle indisponibilità reali si è fermato nel 2019 poco sopra i mille casi, un centinaio in più sulle 915 del 2018.

La maggior parte delle rotture di stock, dicono ancora i dati, hanno riguardato farmaci del sistema nervoso centrale, che servono al trattamento di disturbi come insonnia, ansia e stress (51 segnalazioni in un anno). Subito a ruota, segue la categoria degli antimicrobici (31) e i cardiovascolari (28).

Significativa anche l’analisi delle cause: l’82% degli episodi di carenza registrati ha origini sconosciute, perché una parte cospicua dei fornitori non vuole dare motivazioni. L’ultimo report della Task force istituita dalla Fda per indagare sulle indisponibilità di farmaci, tuttavia, attribuisce il 60% delle rotture di stock a problemi nella qualità della fabbricazione.