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Ue, luce verde alla riforma della protezione brevettuale sui farmaci

18 Gennaio 2019

Passo avanti nell’iter legislativo per la Supplementary protection cerificate (Spc) manufacturing waiver, la riforma europea del certificato supplementare di protezione dei brevetti farmaceutici, che consentirebbe alle aziende genericiste italiane di competere alla pari con gli altri protagonisti del settore. Nella seduta di ieri il Coreper – il Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, ovvero l’organo che prepara le determinazioni del Consiglio – ha raggiunto una posizione di compromesso sulla bozza di Regolamento che introduce una deroga al certificato di protezione complementare ai soli fini dell’export (Spc waiver).

La normativa, in sostanza, consentirebbe ai produttori di generici e biosimilari con sede nell’Ue di produrre una versione generica o biosimilare di un medicinale ancora protetto da certificato supplementare esclusivamente per esportazione in un mercato extra-Ue dove la protezione è scaduta o non è mai esistita. Secondo quanto previsto dalla bozza di Regolamento concordata ieri, in sostanza, la deroga per l’export dovrebbe essere concessa quando:

  • generici e biosimilari sono prodotti esclusivamente per l’esportazione verso Paesi terzi in cui la protezione del medicinale originale non esiste o è scaduta;
  • il produttore ha fornito almeno tre mesi le informazioni richieste dal Regolamento sia alle autorità dello Stato membro di produzione sia al titolare del SPC;
  • il fabbricante ha debitamente informato tutti coloro che sono coinvolti nella commercializzazione del prodotto del fatto che il prodotto può essere immesso sul mercato solo al di fuori dell’UE;
  • il produttore ha apposto sulla confezione del prodotto il logo specifico previsto dal Regolamento, indicando chiaramente che è solo per l’esportazione.

Nei primi tre anni di entrata in vigore della normativa, la deroga potrà essere richiesta solo per i nuovi Spc. «Il progetto di Regolamento» sottolinea un comunicato del Consiglio «dovrebbe contribuire alla competitività dell’Europa come centro per la ricerca e lo sviluppo nel settore farmaceutico. Aiuterà le nuove aziende farmaceutiche ad avviarsi e ad espandersi in aree ad alta crescita, generando nei prossimi 10 anni, un fatturato annuo netto aggiuntivo superiore a 1 miliardo di euro, che potrebbe tradursi nello stesso arco di tempo in 20-25mila nuovi posti di lavoro».