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Indagine sulla diretta: Fnomceo candida le Case di comunità a distribuire

2 Marzo 2022

I pazienti che frequentano il canale della diretta si recano nella farmacia dell’ospedale in media una volta al mese, il 40% è anziano e il 76% è un paziente cronico. I fastidi lamentati più spesso riguardano la distanza da casa del punto di distribuzione (per il 20% è quasi insostenibile) e i tempi di attesa, che spesso superano l’ora a causa di orari di apertura inadeguati. E il 23%, giovani in maggior parte, dice di dover prendere un permesso dal lavoro per potersi recare in ospedale a ritirare i farmaci. Sono le principali evidenze della ricerca condotta nel 2018 da Cittadinanzattiva in collaborazione con la Sifo riproposte ieri davanti alla commissione Affari sociali della Camera da Valeria Fava, responsabile dell’associazione per le politiche sanitarie. Ascoltata nella terza giornata di audizioni organizzate per l’indagine conoscitiva sulla distribuzione diretta, Fava ha affermato che dall’indagine di quattro anni fa emergeva un giudizio complessivamente positivo per il servizio assicurato dal canale ospedaliero, ma con alcune criticità. «E’ evidente» ha segnalato la rappresentate dei cittadini alla Commissione «che diventa opportuno valutare un’implementazione del modello perché sia più prossimo al paziente».

Prima di Fava erano intervenuti il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, e il dirigente dell’Aifa Filippo Trotta. Per Anelli, Case di comunità e Centrali operative territoriali potrebbero essere utilizzate per «ottimizzare i percorsi della distribuzione diretta al fine di consentire al paziente l’accesso al farmaco senza troppi spostamenti e in tempi più brevi, garantendo al tempo stesso una più accurata sorveglianza clinica». Anelli, in sostanza, ha proposto di «coinvolgere nella distribuzione diretta le Case di comunità, per il tramite delle farmacie territoriali o con meccanismi diversi», anche attraverso il recapito a domicilio.

La legge 405/2001, ha ricordato il presidente della Fnomceo, «era nata con l’obiettivo di migliorare l’equità di accesso alle cure. Purtroppo, non tutte le Regioni hanno creduto sino in fondo in questo meccanismo, e la distribuzione diretta e/o per conto risulta applicata a macchia di leopardo, con modalità diverse sul territorio italiano». Il percorso che oggi il cittadino è costretto a coprire i farmaci del Pht, così, diventa «uno “slalom” tra specialista, medico di medicina generale e farmacia ospedaliera, distrettuale o territoriale».

Questo percorso, ha continuato Anelli, va ottimizzato al fine di garantire insieme facilità d’accesso, sorveglianza clinica del paziente e sostenibilità economica. «Lo specialista visita il paziente con cadenze più o meno distanziate» ha ricordato il presidente degli Ordini dei medici «il medico di famiglia diventa più direttamente il sorvegliante dello stato clinico del paziente e può quindi gestire al meglio la promozione dell’aderenza terapeutica, dell’appropriatezza prescrittiva e della continuità terapeutica». La distribuzione dei farmaci potrebbe quindi avvenire nell’ambito delle Case di comunità e anche delle Ucp (Unità di cure primarie), per esempio estendendo a queste strutture «la dispensazione del primo ciclo di terapia, come già oggi avviene in alcune Regioni all’atto della dimissione dagli ospedali», e dei farmaci del Pht, in modalità diretta o per conto «attraverso le farmacie territoriali». Si potrebbe poi introdurre, ha concluso Anelli, una terza modalità, «la distribuzione del farmaco al domicilio del paziente, per il tramite delle farmacie territoriali o con meccanismi diversi, valorizzando in ogni caso il ruolo dei medici di medicina generale per la prescrizione e dei farmacisti per la dispensazione».

Francesco Trotta, dell’Ufficio monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le Regioni dell’Aifa, ha invece fotografato volumi ed evoluzione della distribuzione diretta: attualmente la spesa per questo canale ammonta a 8 miliardi di euro, dei quali 6,6 riguardano i farmaci di fascia A. Circa un terzo di questi (2,1 miliardi) prende la strada della dpc ma si tratta soltanto di una media: in Emilia Romagna, per esempio, viene distribuito dalle strutture pubbliche il 90% dei farmaci della diretta.

Vale invece circa 4 miliardi di euro la spesa relativa ai farmaci della diretta rivolti alle cronicità: in buona parte, ha spiegato Trotta, sono farmaci per il trattamento dell’epatite C, della sclerosi multipla o delle emofilie, che in diverse Regioni sono già distribuiti in dpc o in alcuni casi anche in convenzionata. Tra i farmaci di questo gruppo che invece passano per la diretta per più del 95% dei volumi, troviamo medicinali per la fibrosi cistica o le patologie rare che comportano l’aggiornamento di un registro di monitoraggio e dunque sarebbe complicato spostare in dpc. «Risulta estremamente difforme» ha concluso Trotta «anche il capitolo relativo alla remunerazione della distribuzione per conto. Complessivamente il servizio vale circa 300 milioni all’anno, ma sarebbe auspicabile un’armonizzazione di tali compensi con un accordo unico nazionale con le farmacie». Risulterebbe invece pesante per il Ssn spostare tutti i farmaci delle cronicità dalla dpc alla convenzionata: la spesa, ha detto Trotta, raddoppierebbe.