filiera

Welfare aziendale, una Pmi su tre vuole investire nella sanità integrativa

12 Aprile 2018

Offre alla farmacia interessanti spazi da occupare il cosiddetto welfare aziendale, ossia il composito mondo dei benefit e delle agevolazioni con cui sempre più spesso le aziende italiane incentivano i loro dipendenti. E’ quanto indica il Terzo rapporto Welfare Index Pmi, la ricerca annuale condotta da Generali assieme alle principali confederazioni italiane (Confartigianato, Confindustria, Confagricoltura, Confprofessioni) per fotografare l’evoluzione del settore nella piccola e media impresa. Un’evoluzione con il segno più: come dimostra l’indagine, presentata l’altro ieri alla stampa e condotta su oltre 4mila aziende, le imprese che in base ai parametri definiti dai ricercatori si possono definire “attive” nel welfare aziendale sono aumentate tra il 2016 e il 2018 di oltre 16 punti percentuali (dal 25,5% al 41,1% del campione); quelle “molto attive” sono addirittura raddoppiate, dal 7,2 al 14,3%, mentre quelle “inattive” sono scese dal 18,4 all’8,3%. Numeri che spingono gli autori della ricerca a scrivere che «siamo tuttora nella fase iniziale della diffusione del welfare aziendale, ma il movimento è stato avviato: una parte consistente delle Pmi ha raggiunto un livello apprezzabile di iniziativa, e una quota più piccola ma in forte crescita attua politiche coerenti e sistematiche di welfare aziendale».

 

 

Ma per le farmacie, le indicazioni più interessanti arrivano da un’analisi degli orientamenti con cui le imprese si muovono nel mare del welfare aziendale: rappresentano il 42% del campione le imprese che nel 2018 hanno proposto al loro personale almeno un’iniziativa nella area della salute e assistenza (sanità o fondi integrativi), mentre ammontano a un terzo quelle che considerano prioritario investire nei prossimi 3-5 anni in sanità e assistenza a beneficio dei propri dipendenti e dei loro familiari. Di che cosa stiamo parlando? Come riferisce il Rapporto, rientrano in quest’area la sanità complementare, ovvero la sottoscrizione di fondi sanitari e formule assicurative per alleviare le spese sanitarie delle famiglie, i servizi diretti di prevenzione e cura e infine l’assistenza ai familiari anziani, ai non autosufficienti e ai bambini.

 

In particolare, sceglie la sanità complementare il 35,7% delle Pmi, mentre l’8% opta per i fondi aziendali e il 5% per quelli aperti. In forte crescita, poi i servizi di prevenzione e cura, offerto nel 2018 dall’11% delle Pmi. Si tratta di servizi di prevenzione, screening (esami del sangue, pap test, mammografia, Ecg, controlli vari) o check up generali, o ancora campagne di prevenzione e di educazione sanitaria, presenza di uno sportello medico interno all’azienda, convenzioni con studi dentistici e altri centri di assistenza sanitaria. Ce n’è in abbondanza per una farmacia dei servizi che non guardi più alla sola sanità pubblica e voglia andare a cercarsi le sue occasioni nelle aree coperte male o non presidiate del tutto dal Ssn. «La non autosufficienza» ricorda al riguardo la ricerca «è sicuramente uno dei temi più critici: nei prossimi 30 anni la quota di ultra65enni salirà dal 22% al 34%».