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Rapporto Crea Sanità: equivalenza terapeutica scientificamente opinabile

12 Dicembre 2019

Non sarà facile imperniare sul criterio dell’equivalenza terapeutica la riorganizzazione del prontuario e le gare centralizzate per l’acquisto dei farmaci, come vorrebbero le Regioni e come raccomanda il documento sulla governace varato un anno fa dal ministero della Salute (ai tempi in cui a capo del dicastero c’era la pentastellata Giulia Grillo). A dirlo il 15° Rapporto Crea Sanità, la pubblicazione con cui il Centro per la ricerca economica applicata dell’università di Roma Tor Vergata fotografa annualmente politiche e dinamiche della sanità nazionale.

Nel capitolo dedicato alla spesa farmaceutica, i ricercatori del Crea analizzano le misure per il governo del settore che ormai da tempo stanno sul tavolo di Governo e Regioni. In testa, come detto, ci sono le misure imperniate sulla cosiddetta equivalenza terapeutica, che mette in concorrenza tra loro farmaci basati su principi attivi differenti. L’obiettivo è quello di organizzare gare regionali al prezzo più basso, così come spingere verso il basso di prezzi dei medicinali in Prontuario, ma – dice il Rapporto – «è oltremodo difficile, su un piano strettamente scientifico, dimostrare l’equivalenza terapeutica»; in più, «far diventare precocemente oggetto di gara le nuove molecole, provocherà presumibilmente un aumento dei prezzi richiesti nelle future negoziazioni».

La valutazione ha il suo peso, perché nelle stime fatte a settembre per corroborare l’urgenza di una riforma della remunerazione, Federfarma aveva stimato in circa 700 milioni di euro la minor spesa che potrà derivare dall’attuazione delle misure sull’equivalenza terapeutica.

Oltre a mettere in dubbio la praticabilità di tale opzione, il Crea invita a puntare lo sguardo anche su altri fenomeni di spesa: «Le genericazioni» ricorda il Rapporto «hanno portato ingenti risparmi, permettendo al sistema di esser sin qui sostenibile: ma è crescente il rischio di fallimenti di mercato, legati alla riduzione dei prezzi a livelli troppo poco remunerativi e/o a fenomeni di dumping, questi ultimi in particolare nel comparto dei biosimilari, dove le barriere all’entrata sono superiori per ragioni industriali». Anziché «concentrare l’attenzione sulla competitività dei “nuovi prodotti”», in sostanza, andrebbero cercate nuove leve con cui restituire vitalità «al mercato dei “vecchi prodotti”, che nei fatti è stato la principale fonte di finanziamento dell’innovazione nell’ultimo ventennio». Mantenere l’efficienza competitiva dei generici, conclude il Crea, «deve quindi essere una priorità assoluta della “nuova governance”». E forse le farmacie dovrebbero concentrare la propria propositività su questo tema piuttosto che sulla riforma della remunerazione. Magari andando a vedere cosa è stato atto in Paesi a noi molto vicini, come la Francia.