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Ddl Lorenzin è legge, si fa certo il tetto dei 35 punti nei concorsi

1 Febbraio 2018

Il ddl Lorenzin diventa legge e per i rurali che hanno partecipato al concorso straordinario si fa certezza il tetto dei 35 punti fissato dal dpcm 298/94. Provvede in tal senso l’articolo 16 del decreto, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di ieri (legge 3/2018, in vigore dal 15 febbraio): «Il punteggio massimo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 1994, n.298» recita la norma «è da intendersi comprensivo dell’eventuale maggiorazione prevista dall’articolo 9 della legge 8 marzo 1968, n.221». Aggiunto al disegno di legge il 24 ottobre scorso grazie a un emendamento approvato dalla Camera e sostenuto «con forza e convinzione dal ministero della Salute» (come disse nell’occasione il sottosegretario Davide Faraone), l’articolo non è altro che una «disposizione normativa di interpretazione autentica» che mira a “disinnescare” la sentenza del 2015 con cui il Consiglio di Stato aveva ammesso che la maggiorazione potesse superare il tetto dei 35 punti. Una decisione che rischiava di mettere a soqquadro le procedure concorsuali in tutte quelle regioni dove si è approdati alla fase delle assegnazioni.

Il timore del Ministero, in sostanza, era che se non si fosse messa una toppa alla questione prima o poi si sarebbe scatenata una valanga di ricorsi, con l’azzeramento di tutte le graduatorie del concorso straordinario che hanno applicato il tetto alla maggiorazione e dei successivi interpelli e assegnazioni. Per la stessa ragione, il dicastero ha lasciato inascoltate le richieste del Sunifar che invece avrebbe voluto un intervento in linea con la sentenza del Consiglio di Stato, allo scopo di agevolare i rurali che hanno partecipato al concorso con la speranza di spostarsi in sedi migliori.

Quella sui punteggi non è l’unica norma del decreto che riguarda i farmacisti. Merita un cenno anche l’articolo 13, che estende le pene previste dalla 376/2000 a chi «commercia farmaci attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico» (reclusione da due a sei anni e multa da 5.164 a 77.468 euro) anche al «farmacista che, in assenza di prescrizione medica, dispensi farmaci per finalità diverse da quelle indicate nell’autorizzazione all’immissione in commercio». E pure l’articolo 4, che riscrive la disciplina degli Ordini professionali della sanità in materia di procedure elettorali, parità di genere e limiti di mandato delel cariche apicali.